L’arte rivoluzione dei Macchiaioli e’ “intuizione” prima che “precursione”

© arcomai  I Veduta della punta di Castiglioncello con la Torre Medicea (5,25 x 29,6 cm), Odoardo Borrani.

Sull’arte dei Macchiaioli (una delle più originali correnti artritiche nell’Europa della seconda metà del XIX secolo) molto si è detto riguardo alla natura innovativa della loro arte, che segna la rottura nei confronti della pittura accademica italiana, ma anche per la (forzosa) rivalità con l’Impressionismo francese e come la fotografia abbaia giocato un ruolo importante sulla formazione dei suoi pittori. Visitando la mostra “I MACCHIAIOLI” (8 ottobre 2022-26 febbraio), allestita presso Palazzo Blu di Pisa a cura di Francesca Dini, si colgono spunti per considerazioni inedite che rendono la rivoluzione di questo movimento artistico più dirompente rispetto alla tecnica pittorica che da’ il nome ai suoi artisti.

E questo grazie ad una retrospettiva di oltre 120 opere, per lo più capolavori provenienti da collezioni private, in cui si emergono paesaggi della campagna livornese di piccolo formato per mano di Luigi Bechi, Raffaello Sernesi, Telemaco Signorini, Vincenzo Cabianca, Odoardo Borrani e Giuseppe Abbati. In particolare il lavoro di quest’ultimi due sembra spingersi al punto da diventare “manifesto” artistico a parte. Mi riferisco a quei quadri impostati secondo rapporti di altezza/larghezza estremi come: 1/5 (La chiesina di S. Andrea a Castiglioncello, 1862) e 1/6 (Veduta della punta di Castiglioncello con la Torre Medicea, 1862) di Borrani; fino ad arrivare a 1/8 (Veduta di Castiglioncello, 1867) di Abbati.

This image has an empty alt attribute; its file name is 20230210_02-1.jpg

© arcomai I La chiesina di S. Andrea a Castiglioncello (5 x 29 cm), Odoardo Borrani.

L’immagine ottenuta e’ come schiacciata e stirata – ma non deformata – al punto da annullare la prospettiva tradizionale a beneficio di una completamente nuova. D’altronde nelle rappresentazioni pittoriche dei Macchiaioli la linea e del punto vengono abbandonati, perché secondo questi non presenti in natura. L’osservatore stesso sembra muoversi; o meglio l’artista osserva l’oggetto da varie angolazioni e in più tempi, come se ruotasse il capo da un lato all’altro per ottenere una visone d’insieme. Ciò e’ stato possibile grazie anche alla volontà di uscire (prima degli Impressionisti) dall’atelier per dipingere en plein air e da lì ottenere una rappresentazione il più possibile naturalistica.

L’organizzazione spaziale e’ ottenuta da una prospettiva “non centrale” ma “pluridirezionata” e “pluritemporale” – per l’appunto “circolare”. Un’intuizione geniale che anticipa di trent’anni gli studi di Paul Cézanne sul tema. Inoltre questo punto di vista prende tutto ciò che entra dentro il cono visivo – mantenuto insieme dalla linea invisibile dell’orizzonte – senza risparmiare elementi come edifici, torri ed alberi che vengono ritagliati allo stesso modo in cui si comporta una delle applicazioni di “foto panoramica” presenti nei nostri smart phones secondo lo stitching, il metodo col quale si combinano automaticamente molteplici immagini fotografiche per produrre una vista panoramica. Mentre nella “precursione” si formulano idee destinate ad affermarsi nel futuro, nell’intuizione si creano i presupposti per vedere il mondo oltre le idee previste. E’ una forma di conoscenza superiore che ti fa comprendere una cosa senza necessariamente ragionare su quanto viene esperto.

© arcomai I Veduta di Castiglioncello (10 x 86 cm), Giuseppe Abbati.


Back to Top