L’omino di Exit/Enter e’ entrato in strada in cerca di un’uscita dal rinascimento

© arcomai I Lo “omino col cuoricino” di Exit/Enter.

Usando nei disegni le parole “exit” e “enter” per indicare una via di uscita da un determinato pensiero o una via d’entrata per un altro, mi sono ritrovato a pensare che non c’è entrata senza uscita e che un’uscita può anche essere un’entrata; mi ha affascinato la possibilità di interpretazione soggettiva di questo dilemma e ho deciso sceglierlo come nome.”

(Exit/Enter)

È passato da rappresentare un mio stato d’animo a costruire una comunicazione emotiva con le persone. Rischiando di sembrare un elemento decorativo, il cuoricino bellino da fotografare. Oggi affronto temi più politici: guerra, ribellione, inquinamento, integrazione, immigrazione. Racconto quello che siamo, la paura di quello che possiamo diventare e quello che vorrei che fossimo. L’urgenza è capire dove siamo come umanità con paure e sogni”

(Exit/Enter).

Ho incontrato per la prima volta il noto “omino col cuoricino” di Exit/Enter nel settembre del 2018 attraversando un vicolo del borgo storico che da’ il nome all’aeroporto di Firenze. Recentemente, passando di li’, sono andato a trovarlo e ho notato che il muro, su cui era stato realizzato, si era in questi due anni scrostato a causa dell’esposizione agli agenti atmosferici. Il proprietario dell’edificio, o chi per lui, ha tappato le lesioni dell’intonaco tentando di non pregiudicare la figura dello street artist, inconsapevole di aver aggiunto un fattore artistico nuovo arricchendo l’immagine originaria con delle nuvole di malta.

Il percorso del writer livornese – del quale non si conosce il nome – inizia nel 2013, firmandosi con la .K puntata. Il suo logo più conosciuto e’ un omino stilizzato che – composto da gambe, braccia, busto e testa – interpreta piccoli personaggi di storie minime facendogli salire le scale, inseguire cuori, volare aggrappati a palloncini, pescare e adorare fiori. Un tocco di poesia realizzato con linee nere eseguite con rapidità sui muri non solo di Firenze, Pisa, Livorno, Bologna, Napoli e Palermo ma anche di altre città europee poste sulla mappa disegnata dalle linee aeree low-cost (Lisbona, Bruxelles, Valenzia, Barcellona, Amsterdam, Rotterdam). Luoghi privilegiati sono: muri scorticati, pannelli, serrande e sportelli di cabine elettriche, Le tecniche comprendono principalmente: spray, pennarelli squeezer, gessetti ma anche paste-up, quei dipinti su carta realizzati in studio dall’autore che poi incollerà sui muri.

A volte il gesto grafico non basta e cosi Exit/Enter aggiunge ai suoi piccoli personaggi frasi in inglese come “Love”, “Free”, “Fly away”, “Possible”, “Save”. Exit” o “Resistance” che mettono a nudo l’influenza della cultura globale dell’intrattenimento veicolata da TV, musica, cinema, fumetti ma soprattutto dai social networks. La sintesi comunicativa con cui l’omino si connette alle biografie personali di chi lo incontra per la strada genera attimi di pura poetica. Il celebre aforisma di Albert Camus (1913-1960) “L’arte è sempre stilizzazione” qui casca a fagiolo poiché le rappresentazioni visuali stilizzate spesso sono largamente utilizzate anche a fini non artistici, come strumenti di comunicazione non verbale quale, per esempio, la segnaletica stradale. Vedi a proposito le opere di Clet Abraham, il noto street artist di origine francese che vive a Firenze, famoso per le modifiche che apporta ai cartelli stradali alterandoli con i suoi personalissimi “omini” adesivi che giocando con i simboli del codice della strada lo antropologizza.

Sebbene il nostro dica di ispirasi a personaggi come Osvaldo Cavandoli (1920-2007) – celebre soprattutto per aver creato e animato il personaggio della Linea – o “bigs” quali i britannici Bansky e Stik, i francesi Dran e Seth e l’americano Keith Haring (1958-1990); i suoi compagni di viaggio sono essenzialmente coetanei locali attivi su Firenze (5074, Jamesboy, Stelleconfuse, Bibbito, Ache77, …) con i quali ha formato una sorta di gruppo non ufficiale dal nome ‘Renaissance is over‘. Questo slogan provocatorio sembra riferito alla volontà di liberarsi dalla pesante eredita’ passatista che per loro il capoluogo toscano rappresenta. Una sorta di revisionismo nei confronti di una storia ingombrante, un capro espiatorio per innescare un cambiamento soprattutto per chi decide di notte di pitturare qualche pezzo di muro del centro.

Un approccio sicuramente interessante nei confronti del bigottismo reazionario sfoggiato dalle amministrazioni delle nostre città, se non fosse che il “Rinacinamnto NON e’ finito”. Infatti e’ vivo e vegeto, grazie alla commercializzazione di massa dell’industria museale; e non certo per l’architettura. Se a Firenze si escludono alcuni edifici (lo ‘Spedale degli Innocenti del Brunelleschi, il Palazzo Rucellai dell’Alberti e il portico degli Uffizi del Vasari), il resto della città e’ medioevale e soprattutto “ottocentesca.” Solo il barocco e’ riuscito a rendere l’architettura rinascimentale un fatto urbano. Quindi la città qui non c’entra nulla col rinascimento. Fidatevi, pitturate pure dove volete senza alcun rimorso!

L’ideologizzazione delle immagini e’ più potente delle sue architetture. Semmai il rinascimento, nell’esaltare la perfezione e come tale la ripetizione (all’infinito) di moduli spaziali (vedi il portico/modulo dello ‘Spedale degli Innocenti cosi’ come il dipinto della “città ideale” dell’Alberti), possiamo ritrovarlo, paradossalmente, proprio nella ripetizione di tema/logo/tag degli artisti di strada. L’ossessione del consumo di immagini e’ alla base di una nuova cultura “sovra-nazional-popolare-punto 2” che e’ la via di mezzo tra la sotto-cultura del carosello globalizzato dell’intrattenimento e quella riflessione critica che Gramsci vedeva nei fenomeni culturali che riescono a interpretare le aspirazioni e la specificità della civiltà di una nazione.

Exit/Enter, per favore, non farti tentare dall’ipocrita “industria della bontà”. No metterti in fila! Racconta semmai – come dici tu – “…quello che siamo, la paura di quello che possiamo diventare e quello che vorrei che fossimo. L’urgenza è capire dove siamo come umanità con paure e sogni”. Parti dall’ingresso nell’euro er arrivare alla “libertà del protocollo” degli “influencers della salute” passando attraverso il vandalismo dell’informazione. Le storie dei social networks vengono e vanno; quelle delle persone se le portano con se’ a lungo, vedi lo “omino col cuoricino” di Peretola.

© arcomai I Lo “omino col cuoricino” di Exit/Enter.


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