Sotto la pancia dello “Elefante Bianco” ho trovato l’astrattismo “anicònico” dell’architettura generalista

“Durante uno spettacolo al circo l’elefante mette in mostra il suo enorme peso, la sua impressionante massa corporea e la sua forza. Dopo lo spettacolo al circo però se ne resta sempre quieto con la zampa incatenata a un paletto. Niente fa pensare alla sua forza. Il paletto non è altro che un pezzo di legno piantato nel terreno per poco più di due centimetri. L’elefante, che possiede la forza di sradicare un albero con tutte le radici, potrebbe facilmente liberarsi da questo paletto e scappare. Perché non lo fa? Che cosa lo trattiene?”

(Da “La storia dell’elefante incatenato” dello psicoterapeuta argentine Jorge Bucay).

© arcomai I Il Chang Building di Bangkok noto anche come “Elephant Tower”.

Il termine pxel e’ spesso legato alla descrizione virtuale dell’immagine. Coniato nel 1965, nasce dalla contrazione delle parole inglesi picture ed element (pict-el, dunque pixel) e si riferisce ad ogni singolo puntino (nonché l’unità minima convenzionale) che compone un’immagine digitale (raster). Da vicino esso appare in forma di quadratino incastrato dentro una griglia a scacchiera in cui e’ suddivisa (nella grafica computerizzata) un’immagine. Ogni pixel dunque rappresenta il dato più minuscolo dell’intera figura e ha un valore preciso determinato dalla sua posizione, dal colore e dall’intensità. Georges Seurat, leader del movimento neoimpressionista del tardo XIX secolo, sfruttava l’accostamento dei colori puri tenuti fra loro divisi e il principio della ricomposizione retinica. Così facendo, i puntini che compongono l’opera vengono ricomposti e fusi dalla retina dell’occhio di chi osserva, secondo lo stesso principio che determina la percezione di un’immagine digitale. Posiamo pertanto dire che Seurat con il suo “puntinismo” sa stato il precursore del televisore o monitor a tubo catodico prima ancora della tecnologia digitale.

© arcomai I Sotto la panica dello “Elefante Bianco”, il Chang Building di Bangkok noto anche come “Elephant Tower”.

Il pixel e’ per sua natura (estetica) un’entità astratta o “anicònica” cioè “non figurativa” perché priva della corrispondenza formale della rappresentazione. Ma quando questo “puntino” si associa e si combina con altri si ottiene un raster che e sua volta può’ diventare “icona” (dal greco “εἰκών” che significa “immagine”) e allora (secondo il linguaggio della filosofia e della semiologia) il segno non e’ più arbitrario ma rassomiglia o corrisponde all’entità formale dell’oggetto rappresentato.

Solitamente ad un’immagine grafica viene dato un titolo o un nome. Ciò può succedere anche in architettura da chi progetta (autore), da chi vende (branding manager) e/o da scrive (critico). E cosi’ e’ successo inesorabilmente al Chang Building di Bangkok, un edificio multifunzionale noto anche come Elephant Tower, situato nel business district di Chatuchak District a nord della capitale tailandese, che prende il nome dalla presunta forma che ricorda un elefante.

© arcomai l Vista distorta dello “Elefante Bianco”.

La concezione di questo complesso nasce secondo quella cultura inizio anni ’90 che si affacciava da poco alla tecnologia dei videogiochi, alla computer grafica e al CAD. Il pixel e’ alla base dell’ispirazione creativa dell’epoca anche a se quel puntino era (figurativamente) grande come una “finestra” e le immagini risultavano poco definite. Ma quel particolare conteneva in se’ la semplicità astratta della creativo: un qualcosa essenziale che però in associazione con altri della stessa natura dava forma una ben più complessa immagine, che in questo caso e’ un “gigante”. Senza queste “finestre” (incasellate nella griglia costruttiva) la forma simbolica associata all’edificio non può essere spesa come simbolo. L’elefante di Bangok e’ forma perché’ il volume e’ coperto da pixel-finestre.

Diagramma funzionale del Chang Building (fotogramma estratto da YouTube).

Interessante e’ capire se il pixel genera l’immagine ho e’ l’immagine che giustifica il pixel. Col “puntinismo” Seurat esplode l’immagine (significato) per poi, attraverso un processo di “deframmentizzazione”, la ricostruisce in una rappresentazione nuova che, si’ ricorda quella riconoscibile dalla memoria, ma che e’ cosa nuova, diversa e reinterpretatile con un significato nuovo. In questo passaggio critico si acquista o si perde qualcosa. Nel caso della “Torre Elefante” si e’ perso una cosa importante, il colore che da il vero significato al simbolo. Questo edificio e’ completamente bianco. Nel buddismo lo “elefante bianco” è il simbolo della forza mentale. È considerato sacro perché secondo un’antica leggenda, la madre di Gautama Siddharta (Buddha), prima di concepire suo figlio, sognò proprio un pachiderma bianco – o meglio fu fecondata da un elefante albino che la azzanno’ ad un fianco. Per questo motivo, un elefante di colore bianco è simbolo di fecondità e fortuna.

ll progetto per il Chang Building e viste del cantiere (fotogrammi estratti da YouTube).

La risposta al passo di Jorge Bucay (sopra riportato) è semplice: l’elefante fin da piccolo è stato legato con lo stesso paletto da quale provava a liberarsi da giovane, senza pero’ riuscirci. Così anche da grande, ricordando l’esperienza, non ha mai più provato a liberarsi anche se ne avrebbe avuto la capacita’ di farlo. Allo steso modo la critica e la letteratura d’architettura e’ come l’elefante, che cresciuto accontentandosi di conoscere un’opera per il suo banale apparire ad una “cosa altra” – e’ ferma al paletto dello “iconically correct”, non riuscendo più’ a vedere oltre il suo dito.

© arcomai I Il Chang Building di Bangkok noto anche come lo “Elephant Tower”

Lo Elephant Tower, noto anche come Chang Building, fu completato nel 1997 . Situato nel business district di Chatuchak District (tra la Paholyothin Road e la Ratchadaphisek Road) a nord di Bangkok, e’ non lontano dall’Aeroporto di Suvarnabhumi e dalla Vibhavadi Rangsit Expressway Airport. Il complesso – voluto dal politico, ingegnere e magnate Arun Chaisaree e progettato dall’architetto Ong-ard Satrabhandhu – ha uno sviluppo di 32 piani per 102m di altezza e 170m di lunghezza. E’ costituito da tre torri (A, B, e C) unite da un edificio ponte adibito ad appartamenti di lusso e ristorante. Due delle torri formano le gambe dell’elefante e sono ad uso uffici; mentre la terza, che simboleggia la proboscide, e’ residenziale. Gli occhi sono ottenuti da due enormi finestre circolari. Le orecchie sono dei balconi multi-piano mentre la coda e’ formata da una fila di finestre traslucidi di 20 piani posta sul retro. Il podio comprende un centro commerciale, una banca, un ufficio postale ed un parcheggio multiplano per 1250 posti auto. Il tetto del podio fornisce attività di svago come piscina, palestra, sala multiuso, giardino e asilo. Il tetto dell’edificio e’ adibito ad attività sportive all’aperto e recreative.


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