I “Super Illigal Buildings” della “Behaviorology” di Hanoi

© HAU I Manifesto della conferenza che ha avuto come ospiti Shighehisa Matsumura e Yoshiharu Tsukamoto.

Esiste un libro fondamentale per comprendere l’architettura contemporanea giapponese degli ultimi due decenni. Mi riferisco al Super Legal Buildings – scritto da Yasutaka Yoshimura – che raccoglie le trasgressioni “legittime” degli edifici, determinate dall’applicazione “letterale” delle regole in materia di volumetria edilizia. Il testo, pubblicato nel 2006, e’ ancora una valida guida per comprendere le dinamiche dietro alla formazione di un modo di pianificare e costruire gli edifici che ancora oggi influenza l’estetica della città nipponica. Di questo volume (e di altro) si e’ palato in un mio intervento al termine della conferenza, organizzata oggi presso l’aula magna della HAU (Università di Architettura di Hanoi). che ha avuto come ospiti Shighehisa Matsumura dello studio Nikken e Yoshiharu Tsukamoto dello Atelier Bow-Wow.

“New approches of Urban Planning for City in the World” e’ il titolo della presentazione del primo relatore che, da subito, ha tenuto a precisare di non essere un architetto ma di occuparsi di pianificazione urbana. E di questo ha infatti parlato, forte della sua ventennale esperienza nel settore, sviluppata all’interno del noto gruppo nipponico che vanta una posizione nel ranking internazionale di alto rospetto. Lo ha fatto dividendo il suo intervento in due sezioni: una sulla smat-city e l’altra sul TOD (Transit Oriented Development) approfondite con la proiezione di alcuni progetti sviluppati in Giappone e Vietnam.

© arcomai I Shighehisa Matsumura.

Tra le due sezioni l’ospite nipponico ha anche lanciato una provocatoria lista di punti che secondo lui potrebbero snellire la prassi del PPP (Public-Private Partnership) in Hanoi – che lui conosce bene avendo vissuto e lavorato per molti anni in Vietnam – invitando il pubblico ad esprimere la propria opinione al riguardo. Purtroppo al termine del suo intervento nessuno della sala (occupata principalmente da giovani studenti) ha saputo cogliere l’opportunità d’innescare una dibattito grazie al quale poter approfondire limiti, contraddizioni e potenzialità di un sistema di pianificazione che potrebbe snellire i processi di sviluppo urbano in un paese in forte crescita secondo modalità più equilibrate ed efficienti. Per rompere l’imbarazzo della mancata risposta del pubblico al suo invito, ho pensato di rivolgere al relatore (a chiusura del suo intervento) un altrettanto provocatoria domanda chiedendogli se il TOD sia di per se’ un limite della pianificazione più che un pregio. Con un po’ di imbarazzo il nostro ha liquidato la sua risposta indicando il privato come principale deus machine di questi tipi di interventi, esponendo in questo modo la sua replica ad una interpretazione che conferma l’incapacità’ in Giappone di disegnare il territorio secondo gerarchie spaziali.

Con la presentazione “Architecture Behaviorlogy: creating better accessibility to the local resourses” Tsukamoto ha invece provato a innescare un dialogo con gli studenti sul piano prettamente architettonico. La prima fase da lui pronunciata e’ il fatto di essere venuto in Vietnam per la prima volta e di essere rimasto incuriosito ed affascinato dal diorama “caotico” del panorama edilizio della capitale vietnamita, stimolando sicuramente stimolato in lui fantasie compositive laddove il problema del consumo del suolo diventa motivo di ispirazione ed innovazione. Noi di Arcomai avevamo già incontrato il noto architetto giapponese nel 2012 ospite dello Archifestival di Singapore. Ma Hanoi e’ certamente una location più pertinente della città-stato asiatica per parlare della sua teoria sulla “behaviorology” in architettura – ispirata dal suo libro Behaviorology – ad indicare lo stretto legame tra i “…comportamenti non solo delle persone intese come individui ma anche delle cose utilizzate dall’uomo che a loro volta generano altri comportamenti di tipo collettivo” (vedi La ‘architectural behaviorology’ di Bow–Wow come scienza per costruire il senso del tempo). E’ per questo che il termine “accessibilità” – riportata nel sopracitato titolo – assume un significato comprensibile nella sintesi dell’intervento.

© arcomai I Yoshiharu Tsukamoto.

Con questa visita in Vietnam Tsukamoto avrà la possibilità di aggiornare la sua teoria sugli “atteggiamenti” che legano le persone alle case. Non tanto nei riguardi di quella dimensione a lui cara della “Pet Architecture”   –  dall’omonimo libro da lui scritto nel 2002 in cui si celebrano le architetture “da appartamento” del “minimalismo abitativo” giapponese consolidatosi oggi in norma di pulizia “culturale di massa” – quanto nei riguardi di quella dimensione metabolica di “Anti-Architecture” degli edifici collettivi di Hanoi (costruiti durante l’era in cui l’Unione Sovietica importava “modelli del vivere”), dove l’infrazione ai regolamenti edilizi celebra una “estetica del caos” che a sua volta e’ espressione straordinaria di quel “dinamismo di massa” di cui il Vietnam e’ portatore.

Allora, al di la’ delle soluzioni estetiche di queste “architetture da compagnia” che anche ad Hanoi gli architetti locali emergenti hanno da tempo dimostrato di avere le capacità creativa per realizzarli, si presenta – per noi  che abbiamo il privilegio di vivere e lavorare in Vietnam – l’opportunità di avvicinarci e comprendere quelle dinamiche del “fattore uomo” (economia, sociologia, cultura, identità,…) che qui esasperano la potenza delle esigenze sulla norma al punto da rendere i bisogni norma per manipolare la forma e trasformare il “fattore urbano” in qualcosa di più grande – ” Hanoilogy”. 

© arcomai I “Hanoilogy”.


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