“Guardare attraverso” – ma non nel vuoto

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© arcomai I Il manifesto della 15ma Biennale di Architettura di Venezia visto dall’ingresso del Padiglione di Hong Kong.

La signora sulla scala che, salendo sui gradini più alti può scrutare un più vasto orizzonte e, così facendo, conquista un suo “expanded eye”, annuncia la 15. Biennale Architettura curata da Alejandro Aravena. È un’immagine che ci è subito piaciuta. Anche perché un po’ rappresenta la Biennale tutta, le nostre attitudini, le nostre finalità. […] Cosa vede la signora? Credo soprattutto un suolo desolato fatto di immense zone abitate dall’uomo delle quali l’uomo non può certo andare orgoglioso, realizzazioni molto deludenti che rappresentano un triste infinito numero di occasioni mancate per l’intelligenza e l’azione della civiltà umana. Molte realtà tragiche, altre banali che sembrano segnare la scomparsa dell’architettura. Ma vede anche segni di capacità creativa e risultati che inducono a speranza, e li vede nel presente, non nell’incerto futuro delle speranze e dell’ideologia”. (Intervento di Paolo Baratta, Presidente della Biennale di Venezia, 2015).

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© arcomai I 15ma Biennale di Architettura di Venezia, installazioni nei pressi del bacino dell’Arsenale.

Ho di recente rivisto il documentario “Gabriele Basilico” (2009’) di Giampiero D’Angeli in cui il celebre fotografo italiano, parlando dello “infinito” davanti all’istantanea intitolata Le Treport, affermava che l’uomo può toccare (fisicamente) l’orizzonte solo con la fotografia. Questa celebre immagine, scattata nel nord della Francia per il progetto “Bord de mer” (1985), mi ha fatto riflettere sul “manifesto” della 15ma Biennale di Architettura di Venezia – sopra citato da Baratta – in cui si vede una donna arrampicata su di una scala intenta a scrutare l’orizzonte. Quell’immagine e’ stata ispirata da un episodio – ricordato da Aravena – accaduto allo scrittore britannico Bruce Chatwin che durante un viaggio in America del Sud incontro’ nel bel mezzo del deserto l’archeologa tedesca Maria Reiche, la quale camminava trasportando sulle spalle una scala di alluminio da cui per poter vedere meglio (sotto l’orizzonte) gli oggetti della sua ricerca (reperti, rocce, animali e piante).

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© arcomai I Il manifesto della 15ma Biennale di Architettura di Venezia e un cartellone dentro il centro commerciale “I Gigli” a Firenze.

Quindi la studiosa non sarebbe salita sulla scala per osservare l’orizzonte e di sicuro ella non sarebbe neppure arrivata alle conclusioni elencate da Baratta. Inoltre, parafrasando Basilico nel sopra citato documentario “…nelle città l’orizzonte non si vede mai”. Per noi architetti il confine tra cielo e terra non e’ un “limite” su cui imbastire speculazioni sulla città e tanto meno sulla “civiltà umana”. Noi non guardiamo cosi’ lontano. Noi abbiamo molteplici punti di vista ma sempre in relazione a situazioni legate all’ambiente costruito di cui anche il paesaggio ne fa parte. Fortunatamente cerchiamo di intervenire non oltre le capacita del nostro occhio. Il punto di vista più pragmatico, conoscitivo, suggestivo e utile anche in fase progettuale e’ sempre stato il “guardare attraverso”; uno sguardo che penetra ed attraversa i piani, che sfiora e tocca i limiti solidi creati dall’architettura e sue variazioni, senza mai perdersi nel vuoto di ciò che non si conosce perché troppo lontano. Sono le porte e le finestre i nostri diagrammi, e non lo “infinito”.

Cosi’ Louis Kahn diceva nel 1972 sul primo numero della rivista A+U: “Fra gli elementi di una stanza, il più meraviglioso è la finestra. Il grande poeta americano W. Stevens stuzzicava l’architetto: “Che fettina di sole ha la tua casa?”. Parafrasando: che fettina di sole entra nella tua stanza? Che gamma di modulazioni offre la luce, dalla mattina alla sera, da giorno a giorno, da stagione a stagione, nell’arco dell’anno? Gratificanti e imprevedibili sono le possibilità concesse all’architetto nella scelta di un’apertura, da cui le chiazze di sole giocano sugli stipiti e sulla soglia, entrano, si muovono e scompaiono”.

L’immagine-manifesto di questa Biennale mi ha fatto venire in mente una più ordinaria, scattata accidentalmente a Firenze al centro commerciale I Gigli durante una recente fugace vista in Italia. Si tratta di un cartellone che raffigura una donna la quale, arrampicata su di una sedia, guarda fuori da una finestra. Simile gesto della “Signora della Biennale’ che, anche se un po’ goffo, a mio avviso e’ più pertinente alle questioni di cui la rassegna veneziana da anni cerca di valorizzare rispetto all’astrazione e alla refererenzialita’. Cosa vede la signora? Difficile a dirsi. Tra l’altro sembra quasi che si trovi a guardare da un seminterrato di una casa. Lasciamo a voi ogni valutazione di natura semiotica dell’immagine, Di sicuro non guarda l’orizzonte, e ciò a noi basta. Chi ha vistato la mostra si e’ accorto di alcune opere sistemate attorno al bacino dell’Arsenale che invitano il visitatore ad entravi sia con lo sguardo che fisicamente. Non avevo mai visto Venezia da questi punti di vista. Che bella che e’ vista attraverso i vuoti dell’architettura.

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© arcomai I 15ma Biennale di Architettura di Venezia, installazione nei pressi del bacino dell’Arsenale.


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