Quando la ‘archi-star’ prima di diventare ‘global’ e’ ‘local’

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© arcomai I Oxford Street, Londra.

Con pochi altri e come pochi altri Zaha Hadid ha rappresentato l’anima internazionale e cosmopolita della sua città, Londra. E’ qui che ha vissuto per più di 40 anni, e’ qui che ha costruito la sua carriera, e qui che oggi e’ stata tumulata nel cimitero di Brookwood, dopo le esequie nella moschea centrale della capitale inglese. Anche se una figura e’ nota al pubblico a livello internazionale, questa ha sempre un legame stretto con un luogo. Londra e’ la città dove la Hadid si e’ trasferita nel 1972 – dopo una laurea in Matematica all’Università americana di Beirut – per proseguire gli studi presso l’Architectural Association. E’ qui che ha stabilito il suo studio nel 1980, insieme a Rem Koolhaas ed Elia Zenghelis fino al 1987, per poi fondare Zaha Hadid Architects – a Clerkenwell (Cental London), il quartiere con la maggior concentrazione di studi di architettura – in cui vi lavorano quasi 250 persone provenienti da ogni parte del mondo.

Qui a Jakarta (Indonesia) e’ sera, a Londra primo pomeriggio. Ho appena finito di parlare al telefono con Paolo un carissimo amico e collega di Venezia che vive e lavora da una vita ad Hackney (East London). Si e’ parlato di molte cose fino a quando la conversazione e’ inevitabilmente arrivata a ricordare la tragica scomparsa dell;architetto di origine irachena. “…Ho diversi amici che lavorano nello studio di Clerkenwell. E’ un momento difficile per tutti noi, qui a Londra” – con queste sue parole si e’ conclusa la nostra conversazione. La Città rimane un’entità da possedere fino a quando ci sia accorge che stiamo vivendo come se anche noi fossimo la Città. Che stiamo diventando una parte del suo ritratto e che non possiamo più essere altro. Le persone si muovono ma portano con se un ricordo che spesso ti fa sentire di essere lontano da casa. Questa e’ Londra.


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