Cercavo casa (all’EXPO) e l’ho trovata nel Bahrain

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 © arcomai I Fila all’ingresso del Padiglione degli Emirati Arabi alla EXPO 2015.

L’Esposizione Universale di Milano sarà ricordata per il tema assegnato (Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita), per la stravaganza di alcune opere, ma anche per le lunghe ore di attesa di fronte ad alcuni padiglioni. Tale condizione porta il visitatore a vedere la rassegna seguendo un percorso emotivo e di convenienza, che non rispecchia la sequenza urbanistica dell’impianto di reminiscenza romana, sviluppo – come noto – secondo due assi pedonali denominati cardo e decumano. Lungo queste due strade si alternano i padiglioni di 145 partecipanti dalle diverse dimensioni e architetture. In questo contesto l’edificio rappresentativo del Regno del Bahrain e’ un potenziale nonché piacevole “incidente di percorso” per quei visitatori che non devono seguire una guida o un programma: qui non si fa la fila, qui non si entra in una scatola buia illuminata da effetti speciali, qui non c’è bisogno di farsi stordire da video e suoni vettori di improbabili messaggi di tipo tecnologico-innovativo, e soprattutto non ci si deve necessariamente abbuffare di cibi “finti” e scaldati al micro-onde.

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© Anne Holtrop I Pianta di ingresso e copertura del padiglione. Vista del cantiere.

Il Bahrain ha scelto la «Archeologie del verde» come tema della EXPO 2015. Nel 2013 il Ministero della Cultura del Regno aveva indetto un concorso e invitato cinque architetti per formulare una proposta per edificio rappresentativo allo scopo di avvicinare il pubblico al patrimonio agricolo dell’arcipelago e mostrare i risultati raggiunti nell’approvvigionamento d’acqua dolce e nella sicurezza alimentare. Il progetto scelto risulto’ quello dell’architetto Anne Holtrop e della paesaggista Anouk Vogel. Holtrop, olandese, si e’ laureata alla Academy of Architecture di Amsterdam. Il suo lavoro si distingue per una serie di progetti di architetture e spazi di natura temporanea. Vogel, svizzera, ha invece studiato alla Metropolitan University of Manchester per poi trasferirsi in Olanda, dove nel 2007 ha fondato il suo studio, dopo aver collaborando con noti studi locali di progettazione.

L’area espositiva si estende per una superficie di 2000mq ed e’ stata concepita come uno spazio domestico che si attraversa con la stessa disinvoltura con cui si passa da una stanza all’altra di un’abitazione, il tutto intervallato da micro-giardini che celebrano il patrimonio agrario del piccolo arcipelago mediorientale. Il padiglione, infatti, ospita al suo interno dieci differenti orti botanici, ognuno con piante che giungono a fioritura in momenti differenti durante il semestre dell’esposizione milanese. E’ una macchina del tempo che ci porta indietro nei secoli fino all’Età del Bronzo, epoca in cui, in questa parte della terra, regnava la cultura Dilmun. Nota anche col nome di Tylos, questa civiltà si sviluppò intorno al 3000 a.C., diventando uno dei crocevia commerciali più importanti del mondo antico, grazie alla sua posizione lungo le rotte commerciali che univano la Mesopotamia ai regni della Civiltà della valle dell’Indo.

L’impianto ricorda le tracce dei siti archeologici. I volumi sono l’estrusione di immaginari muri sepolti dal deserto durante i millenni. Il progetto, ingegnerizzato da Gilbert Van der Lee e Mario Monotti, e’ costituito da 350 componenti prefabbricati (muri e pavimenti) di colore bianco realizzati dalla ditta Magnetti., “Intelligenti” i giunti meccanici che – rifacendosi alle forme tipiche presenti nell’archeologia del Bahrain, uniscono le parti della struttura, svelandone l’intenzione originaria di avere un organismo smontabile e riutilizzabile altrove. Infatti, al termine dell’Expo, il padiglione sarà trasportato nel Bahrain e trasformato in un giardino botanico. Eleganti anche le fughe che attraversano la pavimentazione e che fungono anche da raccolta dell’acqua piovana.

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© arcomai I Il Padiglione del Bahrain alla EXPO 2015.

La struttura temporanea dell’edificio si apprezza molto bene dal tetto dell’adiacente Padiglione dell’Angola. Da questo punto di vista l’opera si arricchisce di un ulteriore prospetto, grazia al quale si può comprende sia la natura costruttiva che la distribuzione spaziale del complesso. Il padiglione comprende anche un’area di accoglienza, una caffetteria e una sala adibita a mostre in cui sono esposti manufatti archeologici che testimoniano le pratiche agricole, la cultura e i miti degli antenati dei questo popolo. Tra il materiale in mostra segnaliamo anche il bel cortometraggio, realizzato dal regista e fotografo Armin Linke, sull’attuale paesaggio agricolo del Bahrain.

A differenze di altri paesi, gli autori dei progetto sono riusciti a dare una dimensione domestica al questo padiglione. Dimensione che ha uno stretto ed inscindibile legame col tema del cibo e della terra. Questa condizione e’ rafforzata dall’avere un’unica soglia, marcata da un elegante cancello in ottone Infatti, mentre molti padiglioni hanno preferito avere l’entrata e l’uscita separate, qui – come una vera casa – vi e’ un solo varco: chi vuole uscire deve tornare indietro, beneficiando di un doppio passaggio purificatorio dal chiasso ed odori della fiera. Al diorama di video e rumori, qui si celebra un’atmosfera mistica costruita attorno a luci e ombre, silenzio e tranquillità, sosta e riflessione – entità un tempo traducibili con un unico termine, pace.

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© arcomai I Il Padiglione del Bahrain alla EXPO 2015.

 


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