Il cerchio di Ando ha perso il raggio

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© arcomai I Tadao Ando al National University di Singapore.

Tadao Ando, l’architetto autodidatta famoso in tutto il mondo, nonché vincitore del premio Pritzker Prize nel 1996, ha concesso questa sera una Lectio Magistralis alla National University di Singapore (NUS) dal titolo “Asia on The Move”. L’intervento, previsto per le 16:00, ha avuto uno slittamento di una mezz’ora per permettere all’ospite di autografare il pesante volume (edito dalla Taschen) Ando. Complete works. 1975-2012. che raccoglie la sua quarantennale carriera. Decine di studenti hanno aspettato diligentemente il proprio turno per ottenere la firma prestigiosa. Il libro e’ andato esaurito. Finita tale operazione, il nostro e’ finalmente entrato nel Town EduSports Auditorium della NUS, accolto con ovazione dal pubblico.

Dopo i convenevoli di rito, che tra l’altro sono stati piuttosto sintetici da parte del rappresentante dell’università, l’ospite ha iniziato la sua performance dicendo che Singapore la città più bella del mondo per aggraziarsi il pubblico e qualche importante immobiliarista presente in sala. A poi spiegato ai giovani studenti che già a 15 anni aveva deciso di diventare architetto e questo grazie ad un suo maestro di matematica che lo ha introdotto alla geometria. Con orgoglio ha poi aggiunto che si era ripromesso di diventare architetto senza dover passare attraverso gli studi accademici. E cosi’ e’ avvenuto. Il suo primo lavoro e’ stato un’abitazione commissionata da una giovane coppia in attesa del loro secondo figlio. Ma poiché nacquero due gemelli, il cliente decise di non volerci più vivere e cosi Tadao compro’ l’immobile e fece di questo il suo studio, poi ampliato nel tempo ed oggi conosciuto a tutti  come Tadao Ando Architect & Associates. Era il 1969 e lui aveva 28 anni.

Dopo questa digressione e’ entrato nel vivo della sua presentazione parlando del noto intervento di Naoshima, nello omonima isola lungo la costa sud orinatale del Giappone che comprende gli edifici Benesse House Museum/Oval, Lee Ufan Museum e Chichu Art Museum. Per spiegare l’origine di quella decennale opera, iniziata nel 19988 e che ha contribuito a farlo conoscere al mondo, ha citato la frase ‘Make good use of what exists. Create what does not exist’, pronunciata a suo tempo da Soichiro Fukutake, proprietario dell’isola che voleva fare di questa la “art mecca” più famosa al mondo. L’isola all’epoca era quasi completamente
disboscata a causa della necessita da parte della popolazione di produrre, in tempi di guerra, combustibile per uso riscaldamento. Per far comprendere la dimensione del suo progetto ha messo a confronto un’immagine storica ed una più recente per mostrare come sia riuscito, dopo 25 anni, a riabilitare la vegetazione originaria.

Ando non si e’ pero’ soffermato a spiegare il piano nella sua interezza, come se i giovani spettatori sapessero di che egli stesse parlando, ma ha mostrato alcune installazioni artistiche (all’aperto) come il Pumpkin(1994) di Yayoi Kusama – a detta dell’architetto una dei top 5 artista nel mondo – e i cerchi di Richard Long all’interno del museo: il Inland Sea Driftwood Circle, il River Avon Mud Circles by the Inland Sea e quello estemporaneo riprodotto dall’artista inglese nella guest room che lo ha ospitato. Nel cuore di Naoshima si trova anche la Minamirada/”Art House” che Ando definisce ‘opera di restauro’ essendo intervenuto su un edificio esistente di un centinaio d’anni al cui interno si trova la Backside of the Moon (1999), installazione realizzata dall’artista statunitense James Turrell. Questa opera non si ispira ad un cerchio ma (forse) ad un rettangolo. Poiché nella sala che ospita l’opera non si vede nulla per i primi 10 minuti, l’architetto ha cosi’ ironizzato su quei visitatori che, non hanno pazienza di aspettare per conoscere, dimostrano di essere persone “non curiose” e come tali  non meritevoli di vivere, strappando cosi’ ampie risate dal pubblico. Per Ando la curiosità e’ alla basa del processo creativo della vita.

Successivamente – e con una certa fretta – ha poi citato il Chichu Art Museum, il Shanghai Poly Theater, gli alberghi Capella Qiandao Lake (Cina) e Hotel Capella Niseko (Hokkaido, Giappone). Riguardo a quest’ultimo edificio, per spiegare la sintesi architettonica, l’architetto ha voluto riportare la domanda che qualcuno all’epoca gli aveva fatto: “Perché ci sono cosi tanti cerchi in questo progetto?”. La risposta che lui ha dato e’ che “Il cerchio e’ all’origine dell’architettura”, concetto questo che io estendo riportando una nota frase dello stesso: “Io creo un ordine architettonico sulla base della geometria: quadrati, cerchi, triangoli e rettangoli. Tento di usare forze nell’area dove sto costruendo, per ripristinare l’unità tra la casa e natura (luce e vento) che fu perso nel processo di modernizzazione delle case giapponesi durante la crescita rapida, durante gli anni Cinquanta e Sessanta”. Non so se questa frase sia presente all’interno del volume sopracitato – che gli studenti mai leggeranno – ma sfogliando le ultime pagine della monografia il rigore compositivo espresso in quegli anni sembra un po’ sfumato: quella geometria che controllava proporzioni spaziali e pertinenza dei materiali sembra ora persa o venduta alla logica commerciale della computerizzandone, vedi lo Abu Dhabi Maritime Museum (Emirati Arabi Uniti).

© arcomai I Video della lecture “Asia on The Move” alla National University di Singapore.

Mentre la maggior parte degli studenti seduti nelle file davanti a me sembrano ormai assenti persi dentro i loro  social networks tascabili, la lezione continuava con le slides dello Stadio per le Olimpiadi 2016 e l’intervento residenziale Omotesando Hills a Tokyo. Sempre nella capitale giapponese il relatore ha sfiorato il progetto commissionatogli dalla Issey Miyake Foundation dell’omonimo stilista giapponese che gli aveva chiesto un museo nel centro di Tokyo. “Poiché Miyake e’ solito usare un solo tessuto per i suoi abiti, allo stesso modo ho pensato di rivestire l’edificio con un solo materiale, l’acciaio” che qui si presenta come un unica sottilissima brillante lastra, un lenzuolo di 10mm di spessore che copre l’intero copro dell’edificio. Giorgio Armani, ha aggiunto, gli chiese lo stesso materiale per il suo quartier generale a Milano, e lui gli ha risposto che se voleva questo tipo di architettura avrebbe doveva trasferirsi in Giappone “Perché solo li’ si possono ottenere risultai di precisione come quello”. Il fatto che Armani non abbia accettato di trasferirsi nel Paese del Sol levantesembra far pensare che ciò che lui disegna e produce in Italia sia difficile da realizzare in Giappone. 

Parlando poi dell’Italia, ha aggiunto che, attualmente, il suo studio e’ impegnato in un progetto di museo a Bologna per un non specificato committente (pubblico o privato?). Con ironia ha poi riportato la domanda che lui ha posto al suo  cliente: “Come mai pensate di costruire un museo quando la vostra economia e’ pressoché al collasso”. “Gli Italiani sono proprio buffi” – ha proseguito – “Mi e’ stato risposto che in tempi di crisi “Loro”  investono in cultura” e che in 5 anni l’Italia sarà leader economico mondiale. Lui si e’ messo a ridere e parte del pubblico gli ha fatto eco. Non conosciamo in quale contesto siano maturate le sopra citate previsioni di natura economica, pronunciate tra l’altro da un presunto e misterioso speaker, di certo viene da domandarsi come si possa commissionare, oggi ed indipendentemente dall’attuale stato di austerità in cui versa il “bel paese”, un edificio ad un architetto settantenne, proveniente tra l’altro dall’altra parte del mondo.

Il Giappone e’ un paese in recessione cronica (5 lunghi cicli nell’arco degli ultimi 15 anni) e Ando sembra dimenticare la Bolla speculativa o Bubble economy del 1991 e la “crisi asiatica” del 1997 che misero in ginocchio il suo paese. Solo nel 2006, anno in cui il PIL ha ripreso a crescere, l’economia e’ tornata a respirare per poi, due anni dopo, subire gli effetti drammatici dell’attuale crisi globale. In questi ultimi due decenni l’architettura giapponese contemporanea e’ drasticamente cambiata sotto i colpi del mercato: l’affascinate minimalismo “domestico” o il rigore delle strutture, riportate nelle riviste di tutto il mondo, hanno le sue origini nelle crisi economiche. Chissà se il misterioso “bolognese” lo sa. Magari potrebbe chiede un sostanzioso sconto sulla parcella professionale dell’architetto.

Prima di congedarsi, il nostro ha velocemente mostrato la nuova stazione metropolitana di Shibuya Station a Tokyo che, distinguendosi per essere ad zero emissioni grazie ad un sistema di ventilazione naturale fa senza dubbio di questa un’architettura innovativa, e poi accento alla sua visone “verde” per il Umi no mori, una foresta/isola che ricoprirà una discarica di 88 acri nella baia di Tokyo con mezzo miliardo di alberi. Purtroppo, come per gli altri progetti, facenti parte della sua presentazione, non sono state spiegate finalità’ e aspetti architettonici. Il dibattito che e’ seguito e’ stato caratterizzato da tre domande piuttosto banali, provenienti dal pubblico, perché’ non pertinenti a ciò che era stato mostrato e neppure alla quarantennale produzione di opere dell’architetto giapponese. Una di queste, rivolta da uno studente giapponese a Singapore, si e’ trasformata in una affermazione un po’ imbarazzante per l’ospite: “La città giapponese (e quindi l’architettura ) e’ brutta e non bella come Singapore”, alla quale il maestro ha replicato affermando, semplicemente, che non era d’accorso.

La lecture dal titolo “Asia on The Move” ha senza dubbio disatteso i temi indicati nel manifesto pubblicitario. L’interessante argomento del rapporto tra architettura, arte e paesaggio, toccato nella parte centrale della lezione, e’ stato gestito in modo scoordinato e senza informazioni per capirne il processo compositivo adottato. La traduzione simultanea, oltre ad allungare i tempi, ha trasformato una lezione all’università in una monologo con la traduttrice che ha impedito all’ospite di vedere in faccia gli studenti chini sul Ando. Complete works. 1975-2012 utilizzato come piano per ilproprio telefonino.

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 © arcomai I Tadao Ando al National University di Singapore.


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