L’architettura e’ destino

20110923_01

© arcomai l Kazuyo Sejima

Per Kazuyo Sejima e’ la prima volta come turista a Bologna. La vincitrice del Pritzker Architecture Price 2010 lo ha dichiarato lei stessa alla conferenza stampa che ha preceduto di un’ora la lectio magistralis che si e’ tenuta questa mattina presso il Palazzo dei Congressi, appuntamento clou del Cersaie che quest’anno alla sua 29a edizione. Ieri sera, appena arrivata in città, era andata in giro per le piazze e i portici di Bologna che le hanno dato questa impressione: “E’ incantevole. E’ come abitare dentro un teatro. Se ci fossero continuamente spettacoli in giro per la città sarebbe meraviglioso”. L’incontro con l’architetto nipponico e’ iniziato con mezz’ora di ritardo. Fulvio Irace che l’ha scortata dentro la Galleria dell’Architettura, all’interno dell’area espositiva della Fiera dove si e’ tenuto l’incontro con i giornalisti, dopo una breve introduzione ha spiazzato tutti invitando gli intervenuti a formulare domande all’ospite che, accompagnata da due traduttrici, ha parlato dello studio SANAA, della sua esperienza come direttrice della XII. Biennale di Architettura di Venezia e dei sui progetti più recenti.

Sejima ha specificato che nello studio – che divide con Ryue Nishizawa – i progetti vengono sviluppati insieme al suo partner solo quando questi sono rilevanti o destinati all’estero. Al momento sono entrambi impegnati in Francia e Russia, e ha aggiunto: “I progetti sui musei sono sono per me molto interessanti, e mi impegnano tanto portandomi a sperimentare sempre qualcosa di nuovo”. […] “I progetti minori vengono svolti separatamente. Sono solitamente in Giappone e a me interessano molto”. A tal proposito, ha poi anticipato che avrebbe mostrato al pubblico della Fiera il progetto di un edificio residenziale in costruzioni di soli 60 mq. La casa e’ costruita grazie all’utilizzo di pilastri e solai sottili, Si sviluppata in 5 piani ed ogni soffitto e’ altro solo 2 m., dando così la possibilità a chi vi abita di poterlo toccare. Parlando, poi, dei suoi ricordi della Biennale del 2011, da detto: “Quando fui invitata a curare la mostra pensai che sarebbe stato per me molto difficile, ma poi ho accettato l’offerta. Il ricordo più bello e’ stato conoscere i giovani architetti e imparare il loro modo di progettare. Questo mi ha dato molto. […] La città di Venezia e’ incantevole. La Biennale e’ la città. E’ stato per me un’esperienza più grande della mostra in se’.

Alla domanda se preferisse la progettazione di edifici ex-novo a quelli sull’esistente, ha precisato: “In Giappone si e’ sempre demolito le costruzioni esistenti a vantaggio di quelle nuove. Oggi vi faro’ vedere il progetto in un’isola dove siamo intervenuti sulle costruzioni di un villaggio”. Il progetto e’ quello dell’isola di Inujima (Giappone), dove Sejima e Nishizawa sono impegnati in un progetto d’intervento artistico, costruendo padiglioni con materiali sperimentali in mezzo alle case abbandonate dei pescatori, con l’intenzione di frenare l’esodo della popolazione e di dare una nuova prospettiva anche economica. Riguardo in che stato di avanzamento si trovi il cantiere della Vitra Factory Building, l”architetto ha precisato che: “Il progetto era programmato in due fasi di costruzione perché era una ex fabbrica di cui la meta e’ stata demolita. Terminata la prima fase si e’ passati alla seconda. Il primo edificio e’ già funzionante. Obiettivo della seconda fase e’ quello di unire il tutto in una singola facciata. Cerchiamo di terminare il complesso il più presto possibile”.

Concreta, sicura, attenta. Sejima ha parlato senza pause teatrali, non si e’ abbandonata a divagazioni teoriche o ad aneddoti inutili, come spesso capita di assistere ad appuntamenti di questo tipo. Ogni argomento e’ stato introdotto in modo sintetico, pertinente, misurato perché lei e’ interessata a comunicare i temi che le stanno a cuore: il collegamento tra gli spazi interni e l’esterno, la duttilità degli edifici ed i legami che questi creano con le persone che li usano. A chiusura della conferenza stampa ha accennato alla complessità delle architetture da lei progettare, per dimostrare che dietro a queste opere c’è un articolato lavoro di squadra. Per spiegare la filosofia del suo “fare progetto” ha citato la parola “en” (縁)che in giapponese significa “relazione interpersonale”. “Questo termine contiene in se il senso di destino. Credo che ogni progetto necessiti di collaborazione e quindi esiste sempre una componente fatale che lo lega al suo successo. E’ per questo che provo a mettercela tutta”. Cara Sejima, non ne avevamo dubbi!


Back to Top