Festarch: Città ed anti-città

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 © arcomai l Festarch per le strade di Perugia.

Bellissimo festival, quello dell’architettura a Perugia e Assisi alla sua prima edizione dal titolo Città ed anti-città. Sempre difficile parlare o rappresentare l’architettura a distanza: il vero modo di conoscerla è visitarla, percorrerla, viverla nel suo clima e nella sua corporeità. Ma, forse, è stata vincente proprio la formula della Festa Mobile su quella della mostra di architettura, che assomiglia sempre di più (nonostante l’utilizzo di filmati, plastici, installazioni, oltre che di immagini) al rapporto distaccato dello sfogliare una rivista. Questo evento, invece, permette di arrivare agli architetti anche come persone, che raccontano aneddoti ed episodi particolari di vita di quell’architettura, e di capire, ascoltandoli, cosa per loro sia importante, di interloquire e chiedere, di tornare, insomma, a un rapporto più diretto se non altro con l’ideazione, ed il suo racconto.

Fin troppo denso di persone e argomenti, l’evento organizzato da Abitare dal 2 al 5 giugno sotto la direzione dell’architetto Stefano Boeri. Gli interventi, sparsi tra i palazzi rinascimentali delle due città, sono stati spesso concomitanti, a rendere difficile la scelta fra grandi protagonisti. Solo per citarne alcuni, ricordo che hanno partecipato Rem Koolhas, Peter Eisenman, Elisabeth Diller, Stefano Boeri, Bernardo Secchi, Andrea Branzi, Enzo Mari, Odile Decq, Cino Zucchi, Aaron Betsky, Kurt Foster, Italo Rota, Giancarlo Mazzanti, Benedetta Tagliabue, Rudy Ricciotti, Iosa Ghini,…e tanti altri. Ma, forse, il bello è stato che i grandi protagonisti (o almeno quelli da ma ascoltati) non sono state archistar lontane, e non hanno illustrato icone, ma hanno parlato dell’architettura per la gente.

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 © arcomai l Festarch per le strade di Perugia.

In particolare penso all’High line di New York, illustrata assieme ad altri progetti da Elisabeth Diller, dello studio Diller e Scofidio. La sopraelevata trasformata in parco urbano e staccata dal traffico a terra, ha regalato uno spazio incredibile con nuovi orizzonti su New York e un verde pensile a cui nessun progetto ex-novo avrebbe probabilmente pensato. Nata dall’osservazione di ciò che la natura aveva spontaneamente fatto, ricoprendo di una varietà incredibile di vegetazione (intelligentemente mantenuta nel progetto) questa struttura abbandonata. Una campagna fotografica ha contribuito al non abbattimento della struttura e alla decisione del concorso, dove il fantastico progetto di Diller ha avuto la meglio proprio per non essere impositivo di una volontà esterna dell’architetto, ma avere saputo leggere le potenzialità dell’esistente, nato dalla casualità, dalla complessità e somma di più avvenimenti contraddittori e non progettati. Diller poi, si è soffermata, in particolare, a parlare degli aspetti nati dalla realizzazione dell’opera e da loro non immaginati, come spettacoli osè di un hotel che vi si affaccia, una cantante che ha allestito le scale di sicurezza del suo appartamento per nuove esibizioni, il fatto che ci sia gente che riposa e sta a tutte le ore del giorno, nuovi interessi economici che ora vorrebbero costruirvi accanto nuovi grattacieli.

A proposito di conservare parti di storia, seppure apparentemente brutte e dolorose, ha parlato anche Koolhas, sostenendo che si deve conservare prima la memoria, la storia vissuta, piuttosto di ciò che al momento ci sembra bellezza. L’unica conservazione è la trasformazione delle cose, che cambiano e prendono nuova vita dai nuovi contesti. Il valore sta nel tempo, nella stratificazione, nella vita,… Dell’architettura per la gente ha parlato Giancarlo Mazzanti, autore di fantastici edifici pubblici (asili, musei, biblioteche) a Bogotà e Medellin. Alcuni filmati (sette) di Ila Beka e Louise Lemoine hanno ripreso la quotidianità di alcune architetture concosciute solo come immagini-icone: dal famoso “Koolhaas houselife” al Guggenheim di Bilbao, ripreso durante la pulizia delle vetrate, all’intervista al portinaio degli uffici B&B di Novedrate di Piano, che si lamentava della portineria di Citterio, opera d’arte di cristallo che non lo ripara dal caldo estivo e dal freddo invernale, né dalle auto che sbandano dalla strada, al parroco della chiesa di Richard Meier a Roma che raccontava, fra l’altro, di come le campane piacciano alla gente, tranne a un poveretto intervistato che, abitandoci accanto, non riusciva più a vivere in casa propria…

Per le strade di Perugia per qualche giorno casuali passanti hanno potuto sfogliare e prendere gratuitamente riviste di architettura lasciate su podi allestiti per le vie del centro, assieme a sedie per piccoli dibattiti urbani, o entrare nei palazzi pubblici e nei teatri ad ascoltare alcuni fra i maggiori architetti contemporanei e chiedere loro cosa stia diventando la città.

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 © arcomai l Festarch per le strade di Perugia.


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