City Park: una foresta di dubbi

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© la biennale di venezia l Vista aerea della penisola di Kowloon. La ICC Tower (International Commerce Centre) e la IFC Tower 2 (International Finance Centre Two) segnano l’ingresso di Hong Kong dal mare.

Dopo controversie vicende il destino del West Kowloon Cultural District sembra trovarsi ad una svolta: lo studio Foster + Partners si e’ aggiudicato il progetto per la trasformazione dell’area sud orientale della penisola di Kowloon nel nuovo polo culturale e creativo di Hong Kong. La notizia e’ stata data lo scorso 4 Marzo da Henry Tang, presidente dell’omonima authority che finanziera’ il progetto del valore di 2.8 Miliardi di Dollari. La realizzazione del polo culturale più grande al mondo nel suo genere (con una superficie di 40 ettari di cui 26,000mq adibiti per il 40% a strutture culturali ed il restante a residenze e spazi commerciali)  avverrà’ per fasi. La prima di queste si dovrebbe concludere nel 2015, mentre il completamento del programma e’ previsto per il 2031, data “fantascientifica” rispetto alla velocità di crescita che contraddistingue questa particolare città asiatica.

L’idea di realizzare ad Hong Kong un hub dell’arte e dell’intrattenimento colto risale al 1998. Quell’intenzione fu poi concretizzata nel 2002 quando fu bandito un concorso di idee a cui pervennero ben 161 proposte. Foster + Partners vinse la gara davanti ai tre studi locali di Philip Y K LIAO (secondo classificato), di Rocco Sen Kee YIM e del team (capitanato da Alan MacDonald) Urbis – LPT Architects che insieme al giapponese di Minoru Takeyama si classificarono terzi a pari merito. Lo schema vincente, che si caratterizzava per una gigantesca “tettoia” in vetro che occupava quasi per intero il sito oggetto della gara, venne pero’ accantonato dopo che emersero perplessità sulla fattibilità economica dell’opera ma soprattutto per le pressioni degli imprenditori locali che si opposero al fatto un solo (noto) developer sarebbe stato coinvolto nell’operazione. Solo recentemente la West Kowloon Cultural District Authority ha riaperto il caso indicendo nel 2010 un nuovo concorso, questa volta circoscritto a soli tre studi rispettivamente di Norman Foster, Rem Koolhaas e di Rocco Yim. I loro progetti, intitolati rispettivamente City Park, Cultural Connect: Key to Sustained Vitality, Project for a new Dimension, sono stati esposti allo Hong Kong Convention Centre la scorsa estate e  e sottoposti per tre mesi al parere della cittadinanza che si e’ pronunciata a favore del piano di Foster. Entro la fine dell’anno verrà presentato agli uffici tecnici locali il progetto aggiornato per ottenere il via libero definitivo che anche in questa occasione dovrà essere vagliato dal giudizio della cittadinanza. Di seguito andiamo ad illustrare le caratteristiche principali delle tre proposte progettuali per concludere poi con alcune riflessioni.

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© Foster + Partners l City Park.

City Park

l progetto di Nornan Foster si distingue per la semplicità dello schema: un nuovo brano di città sviluppato lungo un unico asse matrice (la Avenue) che da Kowloon Park arriva alla punta estrema della penisola trasformandola in un parco attrezzato (padiglioni del te’, anfiteatri, installazioni di arte pubblica) con ben 5000 alberi. All’interno di questa vera e propria foresta urbana si trovano il teatro dell’opera ed un centro espositivo. Questa soluzione permette di controllare meglio lo sviluppo del programma, dare continuità  morfologica aggiornando tipologicamente la densità urbana di Kowoon e mitigare l’impatto volumetrico dello Union Square senza comprometterne l’immagine istituzional-commerciale di landmark simboleggiata dalla ICC Tower (KPF insieme a Wong & Ouyang Ltd, 2002) e dalla IFC Tower Two (César Pelli & Association Architects insieme a Rocco Design Ltd, 2003) sull’altro litorale segnano l’ingresso di Hong Kong dal mare.

Per la linearità’ del disegno generale, il progetto ben si presta ad essere realizzato per fasi al punto da agevolare (se necessario) una sua eventuale estensione a scapito dell’alto numero di piantumazioni. Eventualità questa che potrebbe concretizzarsi nei quindici anni in cui il cantiere rimarrà aperto. D’altronde le intenzioni originarie del 2002 erano ben diverse da quella che si stanno definendo in questa nuova fase. Di sicuro i protagonisti dell’industria locale delle costruzioni vedono di buon occhio questo nuovo masterplan rispetto a quello precedente che per le caratteristiche costruttive dell’opera e la mancanza di cubature commerciabili tagliavano fuori dalla partita gran parte di loro.

Le controversa storia del WKCD si e’ trasformata per Foster e il suo ufficio in Asia in un’occasione unica. Hong Kong e’ cambiata molto rispetta agli anni in cui l’archetto inglese realizzo’ la sede della HSBC (1979-1986) e l’aeroporto intenzionale di Chek Lap Kok (1992-1998). In questo decennio la città’ cinese a statuto speciale si e’ lasciata alle spalle il passato coloniale e soprattutto la crisi economica che alla fine anni ’90 mise in ginocchio tutto il sub-continente asiatico. Dal concorso del 2002 ad oggi Foster ha avuto l’occasione di conoscere la nuova classe dirigente, di capirne il limiti e le ambizioni a scala globale, ma soprattutto di ottenere il consenso dei cittadini, condizione che si e’ dimostrata politicamente vincente. Il network di relazioni che e’ stato capace di costruite in questi anni durante la realizzazione dell’Aeroporto di Pechino (2003-2008) si sono dimostratori sicuramente determinanti per il felice esito del concorso.

Tra i cosultants tecnici del team di Foster + Partners troviamo: Ove Arup & Partners Hong Kong (ingegneria e sostenibilità), Ronald Lu & Partners (local architect), Urbis (pianificazione e paesaggio) e Benoy (commercio e intrattenimento).

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© Foster + Partners l City Park.

Cultural Connect: Key to Sustained Vitality

Più attento alle dinamiche della realtà’ locale e’ la proposta di Rocco Yim e il suo team. Lo schema e’ costituito da un sistema a fasce funzionali sviluppate lungo l’asse est-ovest che da Kowloon Park attraversa il sito fino al Victoria Harbour: il City Link (a nord) con gli uffici e le residenze, il Green Terrain (a sud) con gli spazi verdi, ristoranti e negozi, e il Cultural Core al centro con i teatri, i musei e le gallerie. Tra la prima e la seconda fascia scorre il trasporto pubblico con 3 linee dei tram: uno dei simboli “intelligenti” della città che ben si presta (per le sue carrieristiche tecniche ed ecologiche) ad essere utilizzato anche per il nuovo distretto della cultura. La circolazione pedonale e’ organizzata lungo la Art-venue (tra la seconda e terza fascia). Su questa arteria e’ organizzato l’accesso alle attività’ culturali e ai principali spazi di incontro.

Il Green Terrain, che agisce da nuovo waterfront il Kowloon, e’ forse il green roof più lungo al mondo con una sviluppo lineare di oltre 2 Km. Questo parco attrezzato sale con una leggera pendenza dal mare fino al tetto degli edifici. La promenade, che incornicia il profilo di questa parte della penisola, collega con ponti la terra ferma ad un nuovo porto turistico. Tra gli edifici più spettacolari si fanno notare l’anfiteatro del Benyan Forum  e il Suspended Bridge, una terrazza a sbalzo sul mare affacciata su Hong Kong e il suo porto. Lo sviluppo lineare dell’impianto e’ interrotto in corrispondenza di una serie di percorsi (integrati da piazze, corti e rampe) allo scopo di sposare urban texture e urbanità. L’angolatura dei percorsi che tagliano trasversalmente il sito sono orientati verso alcuni edifici simbolo del litorale settentrionale dell’isola di Hong Kong. All’organicità del disegno complessivo del masterplan fa da contrasto la sistemazione “ordinata” delle torri residenziali in corrispondenza del confine con lo Union Square. Come spade piantate sul terreno se da una parte tentano di mediare la verticalità’ aggressiva del complesso esistente con l’orizzontalità del futuro WKCD, dall’altro marcano in modo chiaro il confine tra il distretto della cultura e quello della finanza.

Tra i cosultants tecnici del team di Rocco Design troviamo:  Ove Arup & Partners Hong Kong (ingegneria e sostenibilità), EDAW Ltd. (pianificazione e paesaggio) e MVA Hong Kong Ltd (mobilita’).

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© Rocco Design Ltd. l Cultural Connect: Key to Sustained Vitality.

Project for a new Dimension

Lo schema di OMA e’ concepito come un parco pubblico abitato da tre villaggi urbani funzionali (lo Art Village, il Middle Village, e il Theatre Village) al cui interno si articolano, grazie ad un sistema di percorsi pedonali, una variegata serie di spazi aperti a tema ed edifici pubblici (musei, teatri, gallerie, studios e workshops), il tutto a creare un’unica hyper-diverse community tra Kowloon e il WKCD e quindi una nuova dimensione urbana per Hong Kong.

L’asse matrice del piano e’ un corridoio-giardino (organizzato come orto urbano) che da Kawloon Park attraversa il “Villaggio dell’arte” per poi aprirsi su un piazzale/parco in corrispondenza del centro della punta occidentale del sito attorno al quale si affacciano i venues della cultura: il Xiqu Centre, il Tea House, la Concert Hall, il Grand Theter e il Mega Performance Venue, un auditorium capace di ospitare fino a 1500 spettatori. Quest’ultimo e’ concepito come una sorta di anfiteatro greco-romano che carica l’edificio di una forte connotazione monumentale con un pizzico di ironia post-modernista. Destinato, probabilmente, ad essere inutilizzato durante la stagione delle piogge, se non accessoriato con una copertura che ne altererebbe il significato, questo “falso storico” ribalta completamente il punto di vista di Hong Kong generando una nuova gerarchia urbana: non e’ l’isola col suo Peak che guarda Kowloon ma la penisola che osserva l’isola.

Se da un lato la scelta di dividere la volumetria dei servizi in tre quartieri tematici può facilitare l’articolazione dei servizi culturali e di commercio, dall’altro – rompendo la intrinseca iper-densità di Hong Kong in frammenti di urbanità – da’ al disegno generale un senso di incompletezza. Tale sensazione viene amplificata ulteriormente dalla sistemazione in modo casuale di oggetti-simboli come l’auditorium, l’obelisco (posizionato in prossimità della punta estrema del sito) e l’arco parabolico a funi metalliche che sorregge un viadotto semicircolare lungo il quale si riorganizza la nuova viabilità. L’utilizzo di questa esuberante opera di ingegneria civile, oltre a rafforzare la natura eclettica del piano, innesca provocatoriamente un’inutile competizione col il vicino ponte strallato di Stonecutters Bridge (Arup, 2009).

La scelta a livello grafico di rappresentare il progetto in forma di collage coincide con la visione naïve dello schema. Il montaggio compositivo per elementi – di cui la struttura dell’impianto e’ composta – fa pensare che le immagini finali siano i concepts originari del progetto. Qui tutto può accadere come nella Coney Island mitizzata da Rem Koolhaas in Delirious New York. Dopo trent’anni dall’uscita del libro, e’ facile riconoscere in questo masterplan (come in altri elaborati dallo studio) le tracce indelebili che quell’esperienza intellettuale ha impresso sul processo compositivo dall’archetto olandese.

Il WKCD e’ per OMA una scena teatrale a scala urbana dove anche il presuntuoso e inquietante Union Square recita, suo malgrado, un ruolo importante nella spettacolarità di questo nuovo brano di città. Come in una grande commedia teatrale, l’uomo (qui l’architettura) gioca con il senso della vita (il significato) al punto da renderne difficile per lo spettatore distinguerne l’uno dall’altro. Questa intenzione e’ troppo sofisticata e incompatibile con le regole dettate dall’industria delle costruzioni ad Hong Kong. Nelle complesse logiche che stanno dietro a questo “ménage à trois”, il team capitanato da Rem Kollhass sembra essersi mosso con la sfrontatezza dell’outsider che – sapendo in anticipo che non vincerà’ la competizione – decide di giocare una gara a se’.

Tra i cosultants tecnici del team di OMA troviamo: Ove Arup & Partners Hong Kong (ingegneria) Werner Sobek, Fraunhofer Institute for Building Physics (sostenibilità), Urbanus e RAD (pianificazione), dUCKS scéno (scenografia) e  Inside Outside (paesaggio).

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© OMA l Project for a new Dimension.

Il 18 Aprile dello scorso anno allo open public forum “How We Can Make a Success of It”, organizzato presso la Hong Kong Academy for Performing Arts, furono invitati esperti internazionali per discutere sulle strategie gestionali del futuro polo culturale. Il panel fu caratterizzato dalla task force dei managers dei principali musei e gallerie di Londra, a dimostrazione di come la presenza britannica sia qui ancora forte a distanza di quasi 15 anni dallo “hand over”. Tra i relatori c’era anche Sir Norman Foster. A meta’ gennaio il chief executive del WKCD Graham Sheffield (ex direttore artistico del Barbican Centre di Londra) si dimise per motivi di salute dopo soli 5 mesi dall’aver accettato l’incarico. Per molti appari’ come un altro colpo di scena nella travagliata saga del distretto di Kowloon. Quando poi si seppe che una volta tornato in Inghilterra Mr Sheffield accetto’ di dirigere la gestione artistica del British Council si rialimantarono con vigore dubbi e polemiche sulla gestione di questo ambizioso progetto.

Sebbene l’esito finale del concorso dovrebbe contribuire a lasciare dietro a se’ ciò che nel passato non e’ andato bene e pensare a come realizzare il programma, rimangono lo stesso perplessità’ e malumori che probabilmente riemergeranno a fasi alterne durante i prossimi anni. Il WKCD potrebbe fare di Hong Kong la “Asia’s World City” a svantaggio di altre città globali come Shenzhen, Shanghai, Singapore e Tokyo che da anni si competono il primato. Il successo di questo prestigioso ruolo non può che passare attraverso un profondo processo di revisione di quelle logiche (politico-economico) che, fino ad ora, hanno governato la città. In questo scenario il coinvolgimento diretto dell’opinione pubblica potrebbe giocare un ruolo determinante.

La struttura del piccolo studio di Foster ad Hong Kong non e’ in grado di gestire il progetto. La sede di Londra potrà solo supervisionare i disegni elaborati da un local architect capace di gestire l’intero package per poi, successivamente, organizzare i cantieri secondo la procedura del design&build. Altri studi di architettura saranno coinvolti nell’oprazione. Da fonti ufficiose sembra che lo studio Terry Farrell & Partners di Hong Kong abbia già acquisito dal titolare dello schema gli elaborati da revisionare prima di sottoporli al giudizio degli uffici tecnici. Quando il masterplan otterrà a fine anno il “go haed” definitivo, entrerà’ in una nuova fase ed il destino dello WKCD passera’ dalle mani dei politici e burocrati a quelle degli architetti ed ingegneri.

 


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