Bologna si muove col PMP

L’Emilia Romagna è l’unica regione europea che deve il suo nome ad una strada, ad un’infrastruttura territoriale. La città di Bologna è da sempre un nodo strategico nazionale e questa sua posizione ha rappresentato il suo volano di sviluppo ma anche la fonte principale dei suoi problemi. Vediamo secondo quali linee-guida il Piano della Mobilità Provinciale potrà contribuire a rompere quell’immobilismo culturale/operativo di una città che in 25 anni non è riuscita ad attuare politiche serie nel settore dei trasporti.

L’Assessore Provinciale alla Programmazione Territoriale e la Mobilità, Giacomo Venturi, ha introdotto il terzo convegno di BOLOGNASIMUOVE, che si è tenuto venerdì 12 maggio presso l’oratorio dei Filippini, illustrando gli interventi in corso per potenziare la mobilità bolognese, i punti di forza del nascituro Piano della Mobilità Provinciale, che vede nel potenziamento del Servizio Ferroviario Metropolitano e nella realizzazione del “passante autostradale nord” i suoi capisaldi, strettamente connessi alle 10 strategie da attuare ed al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale.

Si tratta di un Piano di un profondo e radicale cambiamento nella funzionamento della mobilità felsinea, che punta decisamente a riequilibrare la competizione tra trasporto pubblico e privato, oggi fortemente sbilanciato a favore dell’individualità del secondo, cercando di sviluppare le altre modalità di trasporto, specie quelle meno impattanti. Appare da questa illustrazione iniziale una forte centralità strategica riconosciuta alla stazione ferroviaria principale di Bologna: l’attivazione dell’Alta Velocità potrà liberare la possibilità di avere molte più tratte nazionali e locali, ma è soprattutto il ruolo complessivo e simbolico che dovrà avere la nuova stazione della TAV ad essere sottolineato, come nuova e vera porta della città, ed il cui prossimo confronto progettuale legittima molte attese.

Questa rinnovata centralità della stazione sarà a breve compensata con la realizzazione ed ultimazione di due nuove stazioni ferroviarie urbane, Prati di Caprara e San Vitale, nei quadranti ovest ed est della città, le cui concezioni ed immagini complessive non appaiono di certo all’altezza delle aspettative, anzi sembrano essere generate direttamente dalla tradizione ferroviaria novecentesca, come del resto quasi tutte le opere di servizio del SFM, per cui c’è solo da sperare che le progettazioni del nodo centrale sia in grado di riscattare questi modesti esempi ed invertirne la tendenza dimostrata.

L’Assessore cittadino al Traffico ed alla Mobilità, Maurizio Zamboni, ha evidenziato la straordinaria coincidenza del momento in cui si stanno definendo, quasi in sincronia e di certo in sintonia, tantissimi strumenti pianificatori a scala locale e territoriale. Il problema del capoluogo è quello di ridurre l’impatto dei circa 2 milioni di movimenti giornalieri che interessano il suolo comunale, che fanno ricorso a molteplici mezzi di trasporto ma che vede però l’automobile privata la protagonista assoluta: di questi, la metà riguarda movimenti tutti interni al territorio comunale ed i restanti due quarti scambi con comuni della provincia  o soli attraversamenti. Per far fronte a questa caotica moltitudine di spostamenti l’assessore propone di ridare centralità alla mobilità pubblica collettiva, attribuendo a quella privata ed individuale un ruolo di solo supporto: attivando politiche dei trasporti in tal senso si dovrebbe riuscire a “rimettere al centro la periferia”, ammesso che questa sia in grado di riconfigurarsi su modalità insediative specificatamente moderniste e decisamente superate dal postmodernismo della città diffusa.

Per rendere credibile, attuale ed attuabile un’efficace politica in tal senso si propone il potenziamento del traffico pubblico collettivo su gomma, il cosiddetto TPL: esistono già le infrastrutture e bisogna solo investire sui vettori e sull’offerta dei servizi, elevandone anche la qualità, anche se nulla viene detto sulla salubrità ambientale di tale mobilità e scarso dovrebbe essere il contributo dato da una ipotizzata riduzione della velocità massima di transito sull’esistente passante autostradale, come se andare piano, “in punta di piedi”, fosse una maniera per non fare notare la difficile convivenza.

Per finire la rassegna degli interventi politici, ha concluso l’Assessore regionale ai Trasporti, Alfredo Peri, il quale ha portato una sferzata di necessario realismo in sala: dal momento che il trend della produzione e vendita di automobili non da’ segni di arresto della sua lunghissima crescita, pensa sia difficile fare un’efficace concorrenza a tale modalità di trasporto, specie se le risorse finanziarie sono modeste. La sua esortazione è pertanto quella di rendere stabili le scelte strategiche che si stanno operando sui diversi fronti della mobilità, a tutte le scale, individuando una realistica tempistica ed una successione di priorità: insomma, cerchiamo di capire che cosa e con che cosa si riesce a fare nei prossimi anni per muoversi meglio, senza troppe illusioni.

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Provincia di Bologna – Documento di indirizzi strategici per il Piano della Mobilità Provinciale: ideogramma dei flussi della mobilità bolognese e schema operativo del PMP.

Il Direttore del Settore Pianificazione Territoriale della Provincia di Bologna, Alessandro Delpiano, nell’illustrare sommariamente il PMP ed il suo valore strategico ed attuativo, ha ribadito in sostanza il protagonismo assegnato al SFM, non fosse altro perché è il più avanzato dei progetti in corso, se si considera che più della metà delle stazioni sono già realizzate (14 su 23) e che gli interventi sui tracciati ferroviari sono tutti in fase di realizzazione. Pertanto, è da questo fronte che si aspetta i primi effetti decongestionanti sulla mobilità bolognese: la “cura del ferro”, insomma, come prima medicina.

Il progettista del PMP, Stefano Ciurnelli della TPS srl, considera la ricchezza di un territorio la sua “capacità di mettersi in rete” e pone pertanto quattro grandi questioni che Bologna deve affrontare: la forte integrazione della rete intermodale verso la multimodalità, la reinternalizzazione dei costi del trasporto, il potenziamento sia della rete portante (di valore nazionale) che della rete secondaria ordinaria (su scala territoriale). La sua convinzione è che l’attuazione del SFM potrà sciogliere il nodo di congestione della complanare autostrada-tangenziale, anche attuando la “perequazione di corridoio”, cioè incamerando un pedaggio aggiuntivo per l’utilizzo del passante interno a favore del finanziamento del SFM, attivando cioè una “diversione modale”. Ma è soprattutto la creazione di una vera concorrenzialità del mercato del trasporto, in cui il privato è invogliato ad entrare nel pubblico e viceversa, una risorsa ritenuta necessaria per avere i presupposti economici per una vera ed efficace inversione di tendenza: in una realtà in cui sembrano operare solo monopoli (Autostrade spa, ANAS, Trenitalia, ATC,…). Una vera libertà di movimento richiama inevitabilmente una liberazione del mercato dei trasporti, pubblici e privati.

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Provincia di Bologna – Documento di indirizzi strategici per il Piano della Mobilità Provinciale: sistemi autostradali del PMP con indicato il tracciato del passante nord ed i nuovi caselli, associati allo schema di “road princing” per il trasporto pubblico e la perequazione di corridoio.

Il contributo del Direttore Generale Autostrade e Trafori dell’ANAS, Mauro Coletta, è sembrato molto interessato all’individuazione di risorse alternative per finanziare le nuove infrastrutture viarie che si prospettano, ad iniziare dal passante autostradale nord, al momento assolutamente privo di dotazioni. In sostanza, la tesi avanzata è la seguente: dal momento che l’autostrada e la superstrada sono le modalità predilette per la maggior parte dei movimenti nell’area metropolitana e regionale, ciò dovrebbe indurre a non guardare solo all’asse stradale come solo mero tracciato longitudinale, bensì guardare anche alle sue fasce laterali, contermini allo stesso tracciato, giacchè queste infrastrutture attraggono molte attività economiche-commerciali lungo il loro sviluppo e senza che ciò porti alcun beneficio economico agli enti gestori delle stesse strade, ma solo alle attività “parassitarie” che si sviluppano ai loro bordi. E’ anche questa una richiesta di perequazione territoriale-economica per una “finanza cosciente”, per non dire creativa.

Infine, assai stimolante è stato l’intervento dell’Amministratore Delegato di RFI, Mauro Moretti, anche lui parte in causa diretta nell’attuazione del PMP. Partendo da premesse di ordine macroscopico, che vede il Mediterraneo di nuovo al centro dei traffici mondiali, poiché il recente enorme sviluppo dei Paesi orientali porta di nuovo ingenti traffici a passare per le nostre rotte, e che già dovrebbero fare riflettere sugli scenari prossimi, la visione si è posata sull’Europa del futuro: una realtà fatta di grandi aree metropolitane (di cui Bologna ne è però solo una piccola) collegate dai grandi corridoi di trasporto. Bologna si pone al vertice del cosiddetto “triangolo d’oro”, assieme a Milano e Verona, favorito dal fatto che intercetta tre corridoi europei fondamentali, con direttrici est-ovest e nord-sud: questa constatazione ribadisce quanto detto in premessa al convegno e non rappresenta una novità per la città, mentre non sembra chiara la possibilità di farne di nuovo una risorsa per gli insediamenti ed il territorio.

Le Ferrovie esortano ad attivare politiche di concentrazione delle attività associate alle infrastrutture, ferroviarie in primo luogo, ovviamente, le stazioni e le reti portanti. E’ soprattutto attorno alla nascitura stazione dell’AV che si dovrebbero concentrare funzioni di valore importante, come l’Università ed il terziario avanzato, invece che distribuirlo in altri luoghi come si sta facendo (a favore di insediamenti residenziali non strategici), per poi pensare con quali infrastrutture trasportistiche sostenerli. Concentrare attività rilevanti e la residenza lungo la ferrovia sembra essere una richiesta costante, ma di difficile attuazione a breve e medio termine, dal momento che il modello imperante della “diffusione” obbliga a fare i conti con una realtà in netta controtendenza. Di certo, l’attivazione prossima dell’AV ed il ricorso a tecnologie innovative renderà possibile l’offerta di un numero rilevantissimo di offerte di corse ferroviarie locali-nazionali, che potranno anche moltiplicarsi per due o quattro volte rispetto alle attuali, ma tutto ciò potrà essere una vera risorsa urbanistica a due condizioni essenziali: l’adeguamento delle tariffe ferroviarie agli standards europei (in pratica circa un raddoppio del prezzo del biglietto ferroviario) altrimenti non c’è interesse economico ad incrementare l’offerta da parte di chiunque e pertanto non vi potrà neanche essere la possibilità di fare entrare nel mercato nuove imprese ed avere una concorrenza sui servizi offerti; l’altra condizione è quella di realizzare capaci parcheggi scambiatori nei pressi delle grandi stazioni, per rendere realmente accessibile e favorito il vettore ferroviario, interventi questi da assegnare direttamente alle società ferroviarie, che ne potrebbero recuperare i costi di costruzione attraverso la gestione in pagamento.

In conclusione, un po’ da tutti i fronti emerge che la realizzazione del PMP dovrà essere finanziata da chi è costretto a muoversi per vivere e lavorare (com’è logico aspettarsi, specie in questi tempi) con pedaggi aggiuntivi, perequazioni, tasse di scopo, aumento delle tariffe sui trasporti, parcheggi a pagamento e quant’altro: il risultato complessivo sarà apprezzabile solo nel lunghissimo periodo e porterà ad una radicale ridefinizione dei valori insediativi, rispetto alla collocazione territoriale complessiva, ai livelli di accessibilità e di prossimità delle infrastrutture principali di trasporto ed alla capacità di intermodalità. Una rivoluzione necessaria ed inevitabile?!

 


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