Viaggio attraverso le universita’ italiane: la Facoltà di Architettura di Firenze

Pubblichiamo in questa pagina le tre domande-chiave che Inter-ferenze (pieghevole mensile di arti e architettura stampato a Firenze) ha formulato al Prof. Flaviano Maria Lorusso (docente presso la Facoltà di Architettura di Firenze) in merito a: il processo di trasformazione/crisi della facoltà innescato dalla riforma universitaria (3+2), le nuove frontiere dell’architettura europea, il ruolo dell’architetto italiano oggi. Si ringrazia Inter-ferenze per la collaborazione.

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Copertina del nr. 3 di Inter-ferenze.

La serie delle interviste ai professori più infuocati della facoltà di architettura di Firenze procede con il prof. F.M.Lorusso.  Dalle sue risposte emerge uno spirito, una tensione, un’atmosfera travolgente. Quella stessa atmosfera che Inter-ferenze vuole ri-portare dentro la nostra facoltà, insabbiata dall’accademia più reazionaria.

Giovanni Bartolozzi. La facoltà di architettura di Firenze attraversa un periodo di profonda crisi, sulla scia di un generale disastro che colpisce l’intero sistema universitario italiano. In molti corsi l’apparato didattico è scolorito, obsoleto e fin troppo burocratizzato. E perfino gli studenti mostrano spesso uno stato di disinteresse verso le attività culturali che è inconcepibile per un’istituzione universitaria. Dentro questa desolante cornice e sulla base della sua esperienza, che consiglio darebbe agli studenti?

Flaviano Maria Lorusso. Innanzi tutto, è proprio la messa in crisi, sempre, come decisivo momento critico ed autocritico, a produrre avanzamenti, innovazioni, mutazioni, atti creativi! La crisi come opportunità, gestita ed agita come fertile metodo dubitativo, come perenne, palingenetica leva intellettuale e volano laico delle ineludibili metamorfosi evolutive del mondo.  E’ in tal senso che, nonostante resistenze ed ostacoli, é stato creato il nuovo Corso di Laurea 3+2: una nuova opportunità didattica tutta protesa a scrollarsi inerzie, consuetudini ed usure della vecchia facoltà, che la facevano stagnare o, addirittura, arretrare su irrigidimenti neo-con, a trincea contro le nuove nominazioni frattanto generosamente annunciate tutt’attorno: e di fatto, a sconfessione e cesura della migliore lezione dell’insegnamento d’architettura rappresentato dai maestri fiorentini. Rendendo fertile la crisi, vuole indirizzarla nettamente verso l’innovazione a tutto campo – docenti, studenti, esterno, tempi, organizzazione, strumenti, metodi, linguaggi – per una scuola radicalmente attualizzata, e perciò più avvertita, prensile, plurale. Una facoltà-laboratorio più autenticamente assonante alla nostra contemporaneità.

E per questo mi spiace sentire di “studenti disinteressati verso le attività culturali”! Non posso accettarlo. Perché é solo quell’interesse a motivare comunque un percorso universitario, nonostante tutto! Esso é già di per sé, un’attività culturale. E’ nel coltivare ed onorare a prescindere da tutto quella loro scelta originaria – se fatta in buona fede e consapevolezza -, che studenti universitari non possono non interessarsi culturalmente, anzi, non possono non agire culturalmente, sempre. Perché l’università non è una scuola da cui solo si attendono “istruzioni”, ma è già loro diretta espressione, loro adulto, corresponsabile impegno e personale, autonoma iniziativa discente, che non solo non attende, ma che anzi, in quanto naturale portatrice della più vitale ed autentica aderenza al proprio tempo culturale, indaga, riverbera, apporta, propone, provoca, produce, origina: che, in una parola, coltiva ed offre quella personale, appassionata e politica creatività vitale che ogni generazione in formazione intrinsecamente contiene ed agisce, fino addirittura, se necessario, alla supplenza ed alla sussidiarietà.

Garantendo almeno per l’impegno pieno dei docenti che stanno costruendo la nuova cornice del Corso 3+2, agli studenti suggerisco di farsi convinti agenti culturali, di partecipare appieno a questa edificazione pur nella complessità insita in ogni  stato nascente, rendendosi complici entusiasti dei docenti più sinceri ed appassionati per ridare colore, attualità e leggerezza funzionale a questa rifondazione! Usino al massimo, e fecondamente, la facoltà, i laboratori progettuali, le iniziative culturali che essa sta gradualmente mettendo in cantiere, considerandosi e dimostrandosi attivisti colti in ogni occasione, nel ricevere e nel dare, in pienezza di dedizione ed energia!

G.B. Abbiamo rotto le frontiere nazionali, viaggiamo e comunichiamo con molta facilità, utilizziamo una moneta unica e assistiamo in tempo reale ad ogni impercettibile mutamento del pianeta. Insomma abbiamo costituito la Comunità Europea, con i vantaggi e gli svantaggi che essa ha introdotto. E’ allora possibile cominciare a tratteggiare i caratteri di una possibile architettura europea o mondiale?

F.M.L. Ho sempre interpretato il limite, il confine nell’accezione dei Greci: non come separazione, ma come  soglia tra cose, come luogo in cui le alterità si incontrano e reciprocamente si ri-conoscono e commentano e scambiano. Da cui l’idea del progetto come problema di confine, esperienza liminare per eccellenza, gettatezza oltre la frontiera data: come evento ermetico, transizionale che rilega mondi: disciplinari, fisici, concettuali, tecnici. Consustanziale tensione innovativa, che fa proprio delle tangenze, delle contiguità, delle prossimità infinitamente moltiplicate, delle contaminazioni, la scaturigine ed il territorio naturale di nuove enunciazioni spazializzate conformi (Guattari), di inedite  figure architettoniche congrue alle inedite esigenze di funzioni-luoghi-spazi del presente e del futuro imminente. Lingua che si ricrea perennemente sulla frontiera delle sue strutture formali all’insegna dell’ibridazione: ovvero, dell’intersezione e dell’innesto, dello sconfinamento, della fecondità dei neologismi  e delle rivelazioni anticipatrici; delle inedite e plurali identità mutanti, non letterali, non esatte ed univoche, verso, probabilmente, la frontiera aperta, antiletterale e plurale, libera, di un universale e salvifico meticciato! Un’architettura europea è sempre esistita proprio come straordinaria realizzazione di fondanti valori concettuali comuni e di loro interpretazioni applicate assai variegate, individuate. E la grande lezione continua tuttora, con straordinari interpreti.

G.B. Rivolgendosi alle nuove generazioni di architetti, Bruno Zevi consigliava: “Confidate nel nuovo, nella modernità rischiosa, nella modernità che fa della crisi un valore. Pertanto smettete di sottolineare quanto di vecchio c’è nel nuovo, e riconoscete invece quanto c’è di autenticamente nuovo. La nostra cultura è gremita di valori “in sospeso”, virtuali, non sviluppati, da afferrare e far vivere”. Condivide questa affermazione e più in generale il messaggio ribelle, problematico e attuale del grande critico romano?

F.M.L. Ho sempre affermato che è nel suo stesso statuto ontologico che l’architettura, in quanto pensiero spazializzato, sia evento ineluttabilmente moderno e rischioso! Perché appunto, nella sua più piena espressione, esso non è mai precostituito, mai dato, non è referenziale né conservatore, ma proteso allo spostamento del limite ereditato, al suo naturale incremento di essere anelato da ogni epoca e civiltà culturale, nella piena legittimità di esplorare originali, attualizzati processi di individuazione, seppure fondati, ovviamente, nella profondità stessa dell’intero umanesimo da cui origina. E’ questione di autenticità culturale, dunque, più che di identità. Ovvero: il compito dell’architetto consiste nell’esplorare il proprio mondo per intravederne la congrua, vitale rappresentazione progressiva in un nuovo parlato, in un nuovo volgare germinatore tuttavia di poesia ulteriore. Consiste nell’indagare e riconoscere e liberare le acerbe potenzialità ed il bagliore velato ancora celati nel magma vitale in fieri del parlato di ogni contemporaneità, per disvelarne l’inedita bellezza latente, per costruirne li legittimo, originale racconto specifico. Ricordando, come sempre faccio ai miei studenti, con Alberto Sartoris, che, prima di essere una costruzione, l’Architettura è innanzitutto un pensiero, un’ invenzione ed una sorpresa: ovvero, campo critico d’azione intellettuale, ideativa innovazione progressiva e, finalmente e possibilmente, illuminazione estetica, incanto del cuore, splendore, claritas. Luogo di rappresentazione-identificazione collettiva nella sempre scandalosa grandiosità dell’immaginazione creativa, per l’ammirazione. Il compito primario, straordinario di ogni docente e di ogni apprendista d’architettura.

Flaviano Maria Lorusso, architetto, nasce nel 1953 e si laurea nel 1977. Con studio professionale in Firenze dal 1978, consegue il Dottorato di ricerca in Progettazione Architettonica e Urbana nel 1997 e, dal 1998, è Ricercatore nella stessa disciplina presso il Dipartimento di Progettazione dell’Architettura di Firenze. Docente di Laboratori di Progettazione dell’Architettura, si è sempre interessato ai temi progettuali del riuso architettonico e urbano -in particolare di archeologia industriale-, dell’architettura residenziale e specialistica e dell’architettura di interni, sia sul piano della ricerca che professionale, sviluppandone studi, proposte e lavori i cui risultati sono stati illustrati in pubblicazioni, mostre, conferenze specifiche. Ha inoltre  partecipato a numerosi concorsi di architettura, risultandone vincitore di alcuni, attualmente in corso di realizzazione.

 

Giovanni Bartolozzi è laureando in progettazione architettonica presso la facoltà di architettura di Firenze e promotore di attività editoriali e culturali. A Firenze ha organizzato convegni e cicli di conferenze sulla progettazione e la critica contemporanea. E’ stato rappresentante degli studenti della facoltà di architettura e redattore della rivista universitaria “Arnolfo”. Cura la rubrica “Intenzioni” per la rivista “Metamorfosi” ed è redattore della rivista digitale “archphoto”. Nel 2004 ha pubblicato il saggio “Leonardo Ricci – lo spazio inseguito” per L’Universale di architettura, Testo & Immagine Torino. Ha recentemente fondato “Inter-ferenze”, un pieghevole mensile e gratuito di arti e architettura.


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