Dentro “alcune case”

Si è concluso sabato 3 dicembre a Bologna presso la saletta espositiva de la Feltrinelli l Librerie (Piazza Galvani) Alcune case: un ciclo di tre mostre fotografiche inaugurate rispettivamente il 12, 19 e 26 novembre. Nella rassegna, che ha visto la partecipazione di Oscar Ferrari (il curatore della rassegna), Angela Longo e Cristian Contin la prima mostra, Giorgia Tassi la seconda e Alessandra Rossi la terza, sono stati esposti tre diversi lavori autonomi aventi come tema comune la casa ed in particolare l’ambiente domestico. Abbiamo intervistato Angela Longo che in veste di storica ha condotto una ricerca di studo sul Residenziale Anic, il luogo in cui sono state scattate le foto, oggi in via di dismissione. Ci complimentiamo con Ferrari, Longo e Contin (autore dei ritratti) perché con il loro lavoro si è documentata la dimensione domestica e quindi la storia di un complesso in via di dismissione, proprio in un momento in cui il dibattito sulle aree/edifici non più abitate/i è particolarmente attuale in Emilia-Romagna, tanto da essere gestito dalla Regione anche in ambito legislativo. La scelta (in questa mostra) di raccontare (mediante la fotografia) la vita delle persone in un luogo in via di abbandono e de-classamento è per noi occasione di menzione ed approfondimento. Nicola Desiderio, ditettore di Arcomai, ha incontrato Angela Longo per conoscere in dettaglio obiettivi e caratteristichstruttura del progetto. Di seguito riportiamo l’intervista integrale.

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© oscar ferrari-arcomai | Alcune case 1.

Nicola Desiderio. Ci puoi dire che cos’è il Residenziale Anic e come è nata l’idea di questa mostra?

Angela Longo. Il Residenziale è un lungo edificio a tre piani a forma di zeta, per questo chiamato anche dagli abitanti “modulo zeta”. Fu costruito nel 1957 per alloggiare i dipendenti dell’Anic, società dell’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi) che a metà anni Cinquanta costruisce a 4 km di distanza da Ravenna, un imponente polo petrolchimico lungo il Candiano, il porto canale che collega la città al mare. Il Residenziale sorge subito fuori le mura di cinta della fabbrica, delimitato sui lati Est e Sud dai muri dei magazzini di stoccaggio della gomma e circondato da una esigua zona di verde che funge da “camera d’aria” rispetto allo stabilimento: una intercapedine che in alcuni punti si assottiglia fino a quattro metri e in altri crea piccole oasi attrezzate a parco.

L’idea di organizzare una mostra fotografica si è palesata fin dal primo incontro con Oscar. Per entrambi vi era l’urgenza di raccontare il Residenziale. Questo enorme unico edificio, dove i lunghi corridoi sono sia diventati parte dei singoli ambienti domestici sia luoghi dove gli abitanti si incontrano, passeggiano, chiacchierano nei giorni invernali come fossero strade. Dove si vive accanto ad una fabbrica sempre in funzione, con rumori, odori, luci come fosse la cosa più naturale di questo mondo. Dove salta immediatamente all’occhio lo stato avanzato di degrado dell’edificio, ma a ben guardare si scoprono i segni delle ultime famiglie che vi abitano. Abbiamo pensato così di scegliere tra le foto che io avevo già (quelle fatte da Christian durante il periodo della mia tesi)  e tra quelle di Oscar e  abbiamo organizzato una sorta di passeggiata negli spazi del Residenziale accompagnando “il visitatore” fin dentro gli appartamenti degli abitanti.

 

N.D.  In che rapporto era questo complesso con il territorio di appartenenza e com’era la vita di queste famiglie durante gli anni in cui era abitato?

A.L. Il Residenziale venne ultimato nel 1958 e i primi abitanti vi si trasferirono immediatamente. In un primo tempo gli appartamenti vennero destinati dall’azienda agli ingegneri e tecnici che si occupavano della costruzione degli impianti industriali, che proseguì fino al 1962. Una volta terminati i lavori gli appartamenti lasciati liberi vennero assegnati a quelli fra i dipendenti, e alle loro famiglie, il cui ruolo in fabbrica rendeva necessaria una reperibilità di 24 ore su 24 e la possibilità di raggiungere lo stabilimento nel minor tempo possibile (fino al 1977 vi abitarono anche i direttori). Una piccola porta, che si trovava nel muro di cinta dell’Anic e che si affacciava sul cortile del Residenziale, serviva proprio per permettere un accesso veloce e diretto allo stabilimento.

Fino agli Ottanta la vita al Residenziale, nei ricordi vivi ed emozionati degli abitanti, è stata molto vivace. Si era creata una comunità eterogenea composta da persone che provenivano da tutta Italia e che ricoprivano ruoli molti diversi all’interno della fabbrica, ma proprio il lavorare nel medesimo posto e il vivere una situazione abitativa di tipo denso e isolata dal resto del tessuto urbano, aveva dato luogo a forme molto forti di condivisione di tutti i momenti della vita, sia nel bene che nel male. Vi era una rete di solidarietà quotidiana fra le donne, data anche dal semplice fatto di non sentirsi sole di notte quando il marito faceva il turno, perché si sapeva che nell’appartamento accanto vi erano altre nella medesima situazione. Ma vi erano anche, ad esempio, le difficoltà di tenere buoni i bambini durante il giorno perché magari nella camera vicina c’era chi si riposava dal turno di notte.

Nei racconti degli abitanti importante è il ricordo di quando il Residenziale era pieno di bambini/e e ragazzi/e. Essendo famiglie “coetanee” di età, tutte con figli, vi è stato un lungo periodo in cui il Residenziale doveva assomigliare ad un giardino per l’infanzia. Sentendosi in una zona protetta perché lontana dalla città e non ancora tutta occupata da impianti industriali, che hanno man mano distrutto altre aree di pineta, i bambini e ragazzi potevano scorazzare liberi sotto la “sorveglianza” dello stesso Residenziale. La vita del luogo ha seguito, poi, i ritmi della vita delle persone. Non essendoci stato un ricambio generazionale (i figli non sono rimasti ma hanno cercato casa altrove) ad un certo punto il Residenziale si è trovato popolato solo di adulti in pensione.

 

N.D. Come è strutturata la mostra?

A.L. Le foto esposte in questa mostra sono stata realizzate in due diversi momenti della vita del Residenziale. Le foto di Christian Contin, in bianco e nero, sono state eseguite nella primavera del 2002, quando al Residenziale erano rimaste solo 9 famiglie delle 80 che un tempo vi vivevano e io stavo preparando la mia tesi in storia contemporanea sul Villaggio Anic e gli alloggi costruiti da Mattei a Ravenna. Christian mi ha accompagnato nelle visite che facevo presso le famiglie, chiedendo loro di raccontarmi quale fosse stata la loro vita sia all’Anic che al Residenziale. Per ogni famiglia abbiamo conservato la registrazione delle interviste e le fotografie (alcune delle quali esposte nella mostra) che ritraggono sia gli animati momenti degli incontri sia gli intervistati in posa. Le foto di Oscar Ferrari sono state invece realizzate il 28 maggio 2005, poche settimane prima della chiusura definitiva del Residenziale. La sequenza fotografica racconta lo spazio architettonico con i suoi corridoi bui, i cartelli che dicono come comportarsi in caso di pericolo, le maschere antigas, ma anche gli ambienti domestici. E anche qui ritornano gli abitanti, ormai in un ultima posa nella casa che dopo poche settimane avrebbero lasciato.

 

N.D. Trovo particolarmente interessante come il lavoro da voi svolto sia stato integrato da interviste fatte agli ultimi abitanti del Residenziale. Ci puoi dire qualcosa di più al riguardo?

A.L. Del Residenziale non mi interessava il dato puramente architettonico o la semplice cronologia dell’edifico ma riuscire anche a conoscere, ricostruire l’ambiente, la comunità che vi aveva vissuto.  La mia ricostruzione non poteva basarsi sull’osservazione, essendo il Residenziale già quasi completamente disabitato e con alcune aree già in stato di abbandono; fondamentale, quindi, è stato intervistare gli abitanti e farsi raccontare il “loro” Residenziale. Attraverso le loro narrazioni il Residenziale si è presentato sotto un aspetto nuovo, acquistando una vitalità, che sì, mi ero immaginata, ma non di tale vigore. I racconti venivano supportati anche da fotografie dell’epoca, brevi filmati in super otto, materiali che avevano conservato nel tempo (ad esempio il giornalino del Residenziale pubblicato dai ragazzi). Tutto questo è rimasto a loro; io ho semplicemente redatto una lista in cui ho segnato tutto ciò che da me è stato visionato durante le interviste.

 

N.D. Sei a conoscenza delle sorti di questo complesso e cosa secondo te sia più opportuno fare di/per questo complesso?A.L. Il Residenziale dai primi di luglio di quest’estate (2005) è vuoto. Le ultime famiglie si sono trasferite. Nessuno sa bene che cosa succederà. Anche quelli del personale dell’ufficio tecnico della  Polimeri Europa, attuale proprietaria dell’edificio, non ne conoscono la destinazione, oppure non ne vogliono parlare. Difficile comunque pensarne un riutilizzo da parte di qualcuno esterno all’ambiente della fabbrica. Per chi non ha vissuto lì il rumore costante, l’odore acre ne fanno un luogo poco desiderabile. Inoltre dalla fine degli anni Ottanta la zona in cui si trova il Residenziale è stata definita dalla Asl locale non più abitabile, motivo per cui le famiglie nel 1992 avevano ricevuto lo sfratto esecutivo. Impossibile quindi pensare ad ottenere una possibile agibilità per l’edificio.

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© oscar ferrari-arcomai | Alcune case 1.

 

Angela Longo, nata a Ravenna nel 1978 ancora vi vive. Si è laureata in storia contemporanea con una tesi sul Villaggio Anic di Ravenna. Per ora lavora presso la casa editrice Longo e con il gruppo Orthographe porta in giro un spettacolo di teatro per camera ottica.

 


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