Wolf D. Prix: L’architetto e’ come giocatore di calcio

Si è tenuta stamani presso il Palazzo dei Congressi alla Fiera di Bologna la conferenza, organizzata da Markitecture, dal titolo BEYOND THE BLUE. Ospite d’eccellenza dell’evento l’architetto di fama internazionale Wolf D. Prix, socio nonché fondatore dello studio Coophimmelb(l)au. ARCOMAI era presente e qui documenta la breve conversazione che l’architetto ha avuto con il pubblico a conclusione della presentazione dei progetti e realizzazioni condotti dal suo gruppo di lavoro.

Rompe il ghiaccio una ragazza che timidamente chiede al professore viennese come mai nella sua esposizione non si sia fatto riferimento al colore e al ruolo che questo gioca in architettura. Prix dopo aver confessato che per lui il colore è il “blu”, manifesta la sua incomprensione nei riguardi della domanda aggiungendo che già i materiali come il calcestruzzo, l’acciaio e il vetro hanno un proprio colore e questi (insieme al progetto architettonico) creano di per sé delle “atmosfere” per chi si muove all’interno degli spazi costruiti.  “Il colore” – dice il Nostro – “è importante per i pittori non per gli architetti”.

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 © arcomai l Wolf D. Prix parla al Palazzo dei Congressi alla Fiera di Bologna.

La domanda successiva viene posta da un ragazzo che, dopo essersi complimentato con l’ospite, gli chiede in modo esplicito se i collaboratoti che lavorano presso il suo studio “li sceglie con il sentimento o con la ragione”. Prix (divertito) in prima istanza si chiede se sia possibile separare il sentimento dalla ragione e poi, una volta precisato che nel loro staff c’è una persona addetta al reperimento del personale, dichiara che il requisito fondamentale per entrare nel gruppo deve essere quello di dimostrare la propria capacità di saper “giocare”: “Se un collaboratore viene e lavora su un progetto deve essere capace di lavorare contemporaneamente anche su di un altro, deve esse capace di cambiare idea, di cambiare la prospettiva come lo fanno anche i calciatori. Sono cambiate le strategie: prima ognuno aveva il suo ruolo, oggi invece il gioco è cambiato, è più veloce, si passa la palla molto velocemente, così veloce come il tiro in porta era 15 anni fa. Quindi dobbiamo capire che ci dobbiamo adattare alle situazioni nuove e questa è la grande qualità richiesta ai futuri architetti”. Ma oltre a questo il professore afferma che l’architetto deve fare in modo di non perdere le proprie competenze e – a sostegno di tale dichiarazione – riporta un fatto accaduto due giorni prima quando l’amministratore delegato della BMW gli ha espresso la richiesta di spostare “qualcosa” (nel progetto) verso sinistra”. A tale domanda egli ha replicato chiedendogli se lui “direbbe mai ad un chirurgo – che sta facendo un intervento al cuore – di spostare il bisturi un pochino verso sinistra?”. Prix è convinto che purtroppo oggi gli architetti stiano diventando degli “agliutanti” e questo è dovuto per lui anche dalle politiche adottate dalle associazioni degli ordini degli architetti: “A volte non riusciamo ad avere la nostra vera funzione”. Per questo anche la precedente domanda sui colori risulta ambigua per il relatore: “…come se i colori sono la cosa più importante dell’architettura. Noi dobbiamo definire in maniera nuova la nostra immagine”.

La terza domanda è esplicita e diretta “Cosa ne pensa dell’architettura italiana oggi? E la risposta lo è altrettanto. Infatti, riferendosi al famigerato appello di tre settimane fa – firmato da 35 architetti e professori universitari – a tutela dell’architetto italiano nei confronti del predominio straniero in Italia – Prix dichiara irritato come la “protesta” dei nostri architetti non dia “una bella immagine dell’architettura italiana” e aggiunge che “se un architetto austriaco facesse questo, io gli toglierei il titolo di architetto” […] ”Questa è la grande risorsa del nostro mondo, quella cioè di poter lavorare in rete, di scambiarsi delle informazioni con tutto rispetto dell’entroterra culturale di ognuno. E’ chiaro che la difficoltà qui è quella dei centri storici che sono la “mappa mentale” degli architetti locali ed è quasi impossibile pensare a cose nuove”. A conclusione di questo ragionamento, rivolgendosi alla pubblico dice: “Io vi consiglio di andare all’estero”. Dopo una breve pausa, accortosi della inopportunità di tale dichiarazione, cerca di rimediare aggiungendo: “Inoltre a Vienna abbiamo gli stessi problemi. Noi lavoriamo più all’estero che a casa nostra”.

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© arcomai l Forogrammi della presentazione di Wolf D. Prix.

L’ultimo intervento da parte del pubblico è del Prof. Marcelo Gizzarelli della Facoltà d’Architettura “Aldo Rossi” di Cesena che è solito avvalersi durante le sue lezioni proprio di metodi di insegnamento multimediali. Gizzarelli, prima di porre la sua domanda, commenta il filmato – precedentemente proiettato in sala per presentare il progetto della BMW – individuando nel sottofondo musicale di Vivaldi ragioni di marketing che in qualche modo penalizzano la natura concettuale delle opere di Coophimmelb(l)au e per le quali sarebbero stati eventualmente Stockhausen e Shoemberg gli autori più indicati ad accompagnare la video-animazione proposta. Dopo questa considerazione il professore argentino chiede al collega austriaco se egli crede “che questa fine della egemonia del mondo analogico (ovvero della rappresentazione classica “rinascimentale”) abbia a che vedere non tanto con la conquista dello spazio – come sosteneva nella sua conferenza Prix – ma bensì con l’avvento del mondo digitale dove si lavora per pixel, per punti, per immagini sintetiche – quindi autoreferenziali – e non per immagine analogica”. Prix, rispondendo prima al quesito, dice di non essere “contro il mondo digitale” anche se lo stupisce “vedere che queste immagini digitali non entrano nella memoria lunga” e come questa condizione “abbia delle conseguenze importantissime nel nostro mondo visuale per quanto riguarda le informazioni e la capacità di memoria”. Tornando invece alla colonna sonora del suo filmato, l’ospite non nasconde la sua ammirazione per Stockhausen come per Shoemberg – che definisce entrambi “eroi” – e infatti giustifica la scelta troppo commerciale, caduta su Vivaldi, col fatto che la presentazione del progetto della BMW di Monaco era destinata a dei banchieri: “Se io avessi presentato il lavoro con Stockhausen non so come sarebbe andata a finire”. Incalzato dal tempo oramai terminato così conclude il suo intervento: “Esistono dei mondi atmosferici che sono raggiunti dall’architettura one line dove un’idea esiste ma finisce presto. Noi viviamo nell’impossibilità di costruire tutto perché nessuno si impegna abbastanza a capire (gli architetti, i progetti). Un vantaggio della nostra professione è anche quello di aver a che fare con un pubblico dove ognuno pensa di essere un esperto di architettura”.

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© arcomai l Forogrammi della presentazione di Wolf D. Prix.


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