Architettura e’ Citta’

 20050925_01

MEMORIA

Un lungo iter per arrivare alla riforma elettorale.
Ci sono voluti quattro anni e tre proroghe, di cui l’ultima stabilita dalla Legge 168 del 17 Luglio 2005, ma finalmente si va a votare il 30 Settembre per il rinnovo dei consigli territoriali (102 Ordini degli Architetti PPC ) e il 15 Novembre per la nomina dei vertici del Consiglio Nazionale Architetti PPC. Le proroghe erano condizionate dalla emanazione del regolamento del Ministero della Giustizia recante le nuove procedure elettorali in conseguenza della riforma dell’accesso alle professioni di architetto, pianificatore, paesaggista e conservatore introdotta dal DPR n. 328 del 05/06/01 che ha permesso l’ingresso agli Albi da parte dei nuovi laureati triennali e specialisti. L’unità della rappresentanza è il criterio con il quale il Ministero dell’Istruzione ha costruito il regolamento elettorale degli otto Ordini (tra i quali anche quello degli ingegneri) interessati dalla riforma universitaria. I consiglieri eletti saranno chiamati, quindi, sia in sede nazionale che provinciale a rappresentare tutti gli iscritti all’Albo-APPC, a prescindere dalla sezione di appartenenza (Sez. A: architetto, pianificatore territoriale, paesaggista, conservatore dei beni architettonici e ambientali; Sez. B: architetto junior, pianificatore junior) coerentemente con la previsione che vuole che i candidati debbano essere votati dall’intero corpo elettorale. Ciò dovrebbe favorire la composizione di quella naturale dialettica che l’ingresso dei professionisti juniores negli organi di governo porterà nel dibattito interno agli Ordini sulla politica professionale.

ORDINI DEGLI ARCHITETTI PPC. Una grande risorsa per la professione?
Con l’ingresso di nuove figure di professionisti nel mondo del lavoro (DPR n. 328/01) – e quindi all’interno del nostro organo di rappresentanza – si prefigura un insolito e avvincente scenario sul piano non solo della professione. Allo stato la presenza di giovani colleghi – appartenenti alla cosiddetta Sez. B – sarebbe da considerarsi una risorsa e non un fattore di disturbo – essendo, questi, portatori di conoscenze/esperienze specialistiche e quindi complementari alla professione dell’architetto piuttosto che concorrenziali rispetto a questa. Eppure emergono oggi dei dubbi che ci fanno credere che lo scenario imposto dalla riforma dell’università non sia poi così idilliaco, come lo dimostra la “battaglia” che il comitato degli juniores porta avanti da tempo per rivendicare una propria rappresentatività separata. Dal riordino degli studi ad oggi per noi architetti il pianificatore, il paesaggista e il conservatore sono parenti acquisiti di cui si conosce poco o nulla. Non sappiamo ancora cosa voglia essere la professione di “laureato triennale”, quali siano le sue competenze e se queste possano o meno danneggiare lo status professionale dell’architetto. Il fatto poi che ancora non sia stato svelato l’enigma, secondo cui l’esame di stato sarà sostituito dal tirocinio obbligatorio o se invece verrà concessa al laureato la possibilità di scegliere tra queste due opzioni al fine dell’iscrizione all’Ordine, rende ancora più complessa la situazione. Purtroppo oggi, a pochi giorno dal rinnovo dei due Consigli, ci troviamo a dover prendere decisioni importanti senza il supporto di un quadro chiaro e definitivo. Questa condizione, sebbene carichi il nostro impegno di un’ulteriore responsabilità, ci rende ancora più convinti di dover partecipare in prima persona alla ri-forma dell’Ordine per poter affermare almeno a Bologna un proprio e responsabile ruolo di indirizzo.

 

L’ARCHITETTO COME PROTAGONISTA DEI CAMBIAMENTI.
L’Ordine degli Architetti (oggi Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori) è stato sin dalla sua istituzione (oltre 80 anni fa) una sorta di ufficio del registro e controllo dei suoi iscritti. Oggi tutto ciò non basta più; c’è bisogno di qualcosa d’altro; c’è l’assoluta necessità di cambiare, di ri-vedere il ruolo dell’istituzione che ci rappresenta in modo che la nostra categoria torni ad essere protagonista dei cambiamenti all’interno del territorio in cui opera nonché fattore di emancipazione culturale di questo paese. Alla luce della riforma elettorale da pochi giorni approvata, si propone qui un “documento di intenti” capace – ne siamo convinti – di raccogliere la sfida che la riforma delle professioni sembra voler indicare: unica possibile ragione di permanenza dell’Ordine.
Le motivazioni che ci portano a pro-muovere un “atto” – che sia “volontà di innovazione” – nascono dalla necessità di:

  • “porre fine” ad un “mondo ordinistico” a tuttoggi obsoleto, immobile, stanco sia sul piano culturale che su quello operativo;
  • “porre rimedio” al profondo “malessere” che – ormai da troppo tempo – si manifesta, per quanto riguarda gli architetti iscritti da anni, con disaffezione, distanza, indifferenza nonché sfiducia nel ruolo istituzionale e operativo che, allo stato, riveste l’Ordine e per quanto riguarda i giovani professionisti con un forte isolamento, mancanza di punti di riferimento, assenza di prospettive che permettano loro di pianificare il proprio futuro.

Gli architetti oggi chiedono che venga riconosciuta la propria figura professionale e per fare questo c’è bisogno di attivare un sistema inedito (rispetto al passato) di rapporti con il mondo “reale”: quello delle amministrazioni, della politica e dell’imprenditoria nonché dell’informazione. Fondamentale diventa quindi ri-attivare una sede (sino ad oggi deserta) in un cui ri-trovarsi e studiare insieme le soluzioni ai problemi comuni; dove coloro che progettano potrebbero presentare il loro lavoro, i ricercatori il proprio, i critici dibatterne, e così via, fino a predisporre strategie per incidere sugli orientamenti della classe dirigente, sull’opinione pubblica, sulla vita della città operando in maniera aggregata su scala non solo locale. Dal 1923 – anno in cui si istituirono gli ordini professionali (Legge n. 1395 del 24/6/1923) – IL MONDO è CAMBIATO e di questo l’architetto deve esserne consapevole e farsene carico. Bologna con i suoi oltre 1.500 inscritti è chiamata con le elezioni del 30 settembre a rispondere a questo atto di responsabilità. Si presenta un’occasione unica per la nostra categoria professionale per fare il punto sullo “stato dell’arte” della sua condizione e quindi pro-muovere una nuova stagione in cui l’Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori possa diventare un “centro di riferimento” per Bologna e la sua Regione nonché un “esempio” da seguire per altri consigli territoriali.
PER UN ORGANO PROFESSIONALE AUTOREVOLE.
Un Ordine che si definisca nuovo non può più accontentarsi di agire come “super-visore” di sé stesso, di credere di tutelare con l’occhio vigile del “guardiano” la categoria solo sul piano tecnico-deontologico, di svolgere esclusivamente compiti di istituto. Un Ordine professionale – che voglia essere moderno e al passo coi tempi – deve muoversi in modo di-verso, deve dimostrare di capire che c’è bisogno di uscire dalle “comodità” della sede, di responsabilizzarsi facendo pesare il proprio ruolo istituzionale, di essere in grado di far comprendere che con il proprio operato si preserva la società dai pericoli del degrado e che – mettendo a disposizione la professionalità dei suoi membri – si crea un sistema di garanzie, un patrimonio di risorse di cui ne possono beneficare tutti gli attori della società civile presenti in un territorio. Essendo mancati per anni la volontà/capacità di generare un senso di urgenza, di rendere vivo uno stato di appartenenza, di attivare e mantenere sempre operativo un bisogno di cambiamento ed innovazione (non solo condivisa ma profondamente dinamica), si prefigura – per l’Ordine che verrà – un processo sicuramente difficile e piuttosto lungo, ma necessario per fare di questo una presenza aggiornata ed autorevole nella provincia come nella regione di appetenza. Prima di indicare proposte di carattere operativo c’è bisogno di volere insieme un organo che sia:

  1. ESPRESSIONE di un territorio che cambia – come la società in cui vive – nonché delle ambizioni/aspirazioni di una città, Bologna, da troppo tempo in attesa di attivare un programma di innovazione e modernizzazione che la renda una realtà moderna e al passo con le altre città europee.
  2. GRUPPO che esprima una condizione di “unità” e “integrazione” tra le diverse generazioni di iscritti in modo da permettere – per chi ne fa parte – il confronto, il dialogo, la collaborazione perché la situazione attuale di totale “disgregazione” è quella che in assoluto ci danneggia di più giacché non ci permette di essere consapevoli dei problemi che ruotano attorno alla nostra professione e di come risolverli; ne consegue che tutto ciò ci impedisce di decidere sul da farsi e di realizzare ciò che deve essere fatto ora, senza dover rimandare a domani sperando che le cose cambino da sole.
  3. ISTITUZIONE capace di rappresentare non solo se stesso ma tutti i suoi iscritti; che conosca i membri di cui è composto (mediante un approccio non solo statistico ma attraverso occasioni di incontro e scambio); che sappia chi lavora e in quali settori questi operi; che comprenda i problemi di ognuno (nell’ambito delle diverse specificità) e sia in grado di farsene carico; che abbia la capacità di vedere quelli che saranno gli scenari futuri introdotti dall’allargamento della categoria ad altre figure professionali; che dimostri sin da ora di possedere gli strumenti per poter agire, di essere un’associazione professionale forte e autorevole e soprattutto decisa a incidere con strategie puntuali e trasparenti sugli imperativi del presente per il bene dell’intero corpo dei suoi iscritti.
  4. INTERLOCUTORE che – con gli strumenti a sua disposizione – agevoli il dialogo tra istituzioni e professione così da istituire – come una “catena di trasmissione” – nuovi rapporti di dialogo/interazione tra tutti coloro che governano il territorio; che faccia pressioni sulla vita istituzionale in modo da attivare un processo di “alfabetizzazione” per Enti e Amministrazioni; che imponga una politica di “responsabilizzazione” – grazie anche all’alto livello di conoscenza teorica ed applicativa di chi fa “progetto” – capace di stimolare chi governa a programmare, condividere e realizzare piani arditi e di lungo termine secondo un disegno comune che tenga conto delle esigenze dello “abitare contemporaneo”.
  5. PONTE tra la professione e la didattica (Università di Bologna, Cesena, Ferrara e Parma nonché Firenze, Milano, Venezia) per fare in modo che i nuovi professionisti abbiano – ancora prima di concludere i loro studi – dei riferimenti chiari grazie ai quali orientare le loro scelte future e, quindi, agevolare il loro ingresso nel mondo del lavoro.
  6. CERNIERA tra gli altri organi professionali del corpo tecnico (ingegneri, geometri, periti edili) diretta ad instaurare con loro un inedito e costruttivo/collaborativo dialogo attraverso il quale poter superare insieme i limiti e le contraddizioni esistenti nello stesso ambito professionale.
  7. STRUMENTO di promozione e divulgazione di una “cultura architettonica” – oggi quasi completamente assente – che sia sempre aggiornata e continuativa attraverso un accurato programma di attività correlate ed il supporto di un adeguato approccio comunicativo capace di avvicinare all’architettura anche e soprattutto chi non è addetto ai lavori [“un pensiero è buono (solo) se lo si sa comunicare”] perché il frutto del nostro lavoro è un bene comune, il mezzo per l’emancipazione di una società, il segno del grado di civiltà di un paese.
  8. PUNTO DI RIFERIMENTO per i professionisti e la città, un CENTRO INFORMATIVO sempre aggiornato non solo per noi iscritti ma per chiunque voglia essere messo al corrente sulle trasformazioni in atto a Bologna, conoscerne gli sviluppi, chiederne eventuali chiarimenti – senza essere costretto ad andare allo urban center di Via Rizzoli – perché il referente primo e più idoneo nonché più qualificato della città nell’ambito della “pianificazione” urbanistica come della “progettazione” architettonica è – e non può essere altrimenti – l’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Bologna.

L’ORDINE DEGLI ARCHITETTI PIANIFICATORI PAESAGGISTI CONSERVATORI DI BOLOGNA. Primi passi verso un processo di cambiamento.
Sul piano dei compiti cosiddetti di istituto c’è già tutto, bisogna solo indirizzare il governo dell’Ordine secondo i punti sopra indicati e rendere effettivamente operative, efficienti ed integrate tra loro le commissioni (urbanistica, cultura, professione, concorsi, parcelle, ordinamento) già esistenti affinché il nuovo Consiglio sia in grado di lavorare (durante i prossimi quattro anni) a quel processo di cambiamento – da noi qui pro-mosso – che richiede nuove politiche strutturali all’interno dell’Ordine.

Un consiglio responsabile. Il Consiglio dell’Ordine al momento del suo insediamento dovrà dichiarare l’intenzione quando è “metà strada” del suo percorso istituzionale di essere disposto a sottoporsi ad una “verifica di mandato” in virtù della quale vagliare se le linee principali della sua “agenda” siano state soddisfatte; in caso contrario dovrà prenderne atto e comportarsi in modo adeguato e responsabile. Inoltre necessita una direzione che sia rappresentativa della categoria allo stesso modo in cui sia pienamente disponibile alle esigenze dei suoi iscritti con una “gestione” che utilizzi gli introiti pervenuti dalle iscrizioni con scelte anche coraggiose, in modo più corretto dando la priorità a quei settori della cultura e della formazione che a tuttoggi risultano i punti deboli dell’Ordine, ma che in futuro contribuiranno al suo rilancio. Va da sé che si esiga una segreteria più preparata e in grado di dare in tempo reale risposte chiare a quesiti di ordinaria amministrazione naturalmente rispettando orari al pubblico consoni a quelli di una grande organizzazione.

Giovani professionisti al passo con l’Europa. Urge inoltre la realizzazione dell’istituzione di una “sezioni giovani” (come da tempo già operative all’interno di molte associazioni degli architetti in Europa) – finalizzata ad affrontare seriamente le questioni che legano la didattica al mondo del lavoro e questo alla professione. Questa sezione avrà il compito di dialogare con le “scuole” della Regione, predisporre bandi per concorsi di progettazione formulati ad hoc; predisporre stage e corsi; prendere e mantenere (costantemente) contatti con studi professionali (anche esteri), amministrazioni e ditte che operano nell’ambito delle costruzioni; organizzare eventi e curare la pubblicazione di documenti (tesi, cataloghi, dispense, CD) che servano a divulgare le attività realizzate, il tutto gestito da un comitato scientifico composto da neo-iscritti, laureandi e studenti. Va da sé che debbano anche essere ri-viste le quote (iscrizione e annuali) dei giovani colleghi che entrano a far parte dell’Albo, perché non è concepibile che si chieda un contributo come quello attuale a chi – nel caso trovi un impiego e sia in qualche modo retribuito – difficilmente sarà in grado di coprirne le spese.

La cultura della formazione e la formazione della cultura. Atteso che la nostra professione esige una continua attività di aggiornamento sia essa di natura tecnica che teorico-culturale, questa non può essere imposta da un regolamento – come quello emanato lo scorso anno dall’Ordine uscente – per il semplice motivo che la pratica della professione è già espressione responsabile e continuativa di studio e approfondimento. Chiunque faccia parte dell’Ordine non può accettare di essere costretto a partecipare – indipendentemente dalla legittimità o meno di qualsivoglia estemporaneo provvedimento – a “corsi obbligati” finalizzati all’accumulo di “crediti (cosiddetti) formativi” per migliorare la propria professionalità, ma deve essere messo nelle condizioni di poter scegliere le modalità per completare la sua preparazione in base alle proprie necessità/specificità. Consapevoli inoltre che le questioni sulla formazione a Bologna debbano essere affrontate insieme al Ministero, alle Università e alla Regione e che non debba riguardare solo i professionisti ma anche i cittadini, si è pensato nell’ambito del nostro organismo di realizzare un “centro di forma-azione” che organizzi – secondo un programma serio, mirato e dinamico – sia corsi di aggiornamento per l’esercizio professionale sia eventi (convegni cicli di conferenze, mostre) finalizzati alla promozione e divulgazione dell’architettura anche fuori della sede istituzionale. Siamo infatti convinti che l’Ordine non possa accontentarsi di esaurire il proprio “essere istituzione” con le sole attività interne all’organizzazione, ma che debba – come referente principe della “cultura architettonica” in questo territorio – uscire dal “portone” e manifestare la sua autorevole competenza organizzando occasioni di incontro – alle quali possa partecipare anche la cittadinanza in altre sedi cittadine (sale di quartiere, biblioteche, spazi espositivi) – nonché patrocinando, sovvenzionando e collaborando a eventi organizzati anche da associazioni o enti che operano attivamente nella vita civica della città. Significativo potrebbe essere portare lezioni, dibattiti e momenti conoscitivi anche nelle scuole a cominciare dai licei e dalle medie di Bologna e provincia. Questo vorrebbe dire essere un organo professionale moderno, attento e attivo, una presenza costruttiva e stimolante per la vita civica di Bologna.

L’architettura è città. Pochi sanno che l’Ordine possiede un archivio storico di inestimabile valore. Eppure questo patrimonio della cultura architettonica bolognese è da anni purtroppo dimenticato e per supplire questa incuria necessita oggi un’accurata opera di ri-catalogazione, valorizzazione ed integrazione. A questo primo atto si aggiunge una seconda ambiziosa iniziativa che punta all’istituzione di un archivio della contemporaneità finalizzato a raccogliere, documentare, promuovere (in modo continuativo) nonché mettere a disposizione (a chi ne faccia richiesta) l’intera produzione intellettiva e progettuale “per mano” del corpo professionale bolognese. Ciò nasce dalla convinzione che esiste – ed è doveroso valorizzare – un numero molto esteso di opere di architettura di alto, se non altissimo livello professionale, un patrimonio unico e inestimabile (tesi e progetti realizzati e non) che è l’espressione della fertile vitalità culturale della nostra città. Particolare attenzione dovrà essere data ai progetti che negli ultimi dieci anni sono stati approvati dai tutti i comuni della provincia mediante esposizioni, presentazioni a convegni e pubblicazioni.

Un sistema aperto di informazione. L’Ordine – com’è stato sino ad oggi gestito – manifesta il suo ritardo nei confronti del presente anche nel semplice modo di gestire il sistema digitale d’organo. Infatti il nostro sito internet, sebbene recentemente aggiornato, è già vecchio sia sul piano dei servizi che offre sia su quello del linguaggio con cui questi vengono proposti. Noi abbiamo bisogno di un portale/banca-dati strutturato in modo dinamico e sempre aggiornato in cui siano pubblicate tutte le informazioni utili non solo a chi professa la professione, ma anche a tutti coloro che abbiano la necessità di conoscere meglio gli iscritti dell’Ordine o i progetti e piani che interessano il territorio bolognese. Un sistema aperto e moderno di questo tipo dovrà essere integrato anche da una pubblicazione cartacea (in formato pratico e giovane sul piano editoriale) da spedire a tutti gli iscritti, perché non tutte le informazioni devono essere gestite/trattate da un unico “mezzo” di comunicazione.


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