La città fotografata: dalla città anonima alla città giardino

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© oscar ferrari.

La città anonima

Il mio percorso fotografico, avente come soggetto la città, è iniziato nel 1997 e portato avanti fino al 1999 col lavoro che ho intitolato “la città anonima”. Questa serie di fotografie prende in considerazione la prima periferia di Bologna. Il mio interesse era rivolto soprattutto alle zone residenziali degli anni 60 -70 fatte dai condomini e dai  piccoli centri commerciali di quartiere e dalle attrezzature sportive nelle zone di Corticella, San Ruffillo, Barca e altre, escludendo in partenza le urbanizzazioni più decentrate ed i grossi centri commerciali che al tempo stavano cominciando a diffondersi anche nelle indagini di alcuni fotografi italiani.

Durante la realizzazione del lavoro, camminando macchina in spalla in queste zone che sembrano sottomultipli di città, dove l’atmosfera è più vicina a quella del paese che a quella della città vera e propria, percepivo una sensazione di benessere, derivante direi da una buona qualità dell’abitare. Nulla di emergente in questo, ma piuttosto un livello generale di qualità diffusa data dall’anonimato. Anonimato delle residenze e dei servizi ma tutto decisamente a misura d’uomo e secondo me estremamente vivibile. Per questo la città anonima  che nasce come lavoro sulla periferia, non ha una valenza negativa ma al contrario vuole trasmettere, attraverso l’immagine fotografica, questo carattere positivo che io  percepivo come visitatore di passaggio ma che credo fosse reale e condiviso dagli abitanti di queste zone.

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© oscar ferrari.

L’immagine, in questo primo progetto, ma anche in quelli successivi, non è costruita per ricercare l’effetto o la spettacolarità tantomeno il drammatico o la “denuncia” che ha attraversato buona parte della fotografia passata e contemporanea. Il linguaggio è pacato, e le immagini silenziose. Con questo lavoro ho iniziato ad interessarmi alle “situazioni di mezzo” di sospensione o mutamento magari con una sottile ambiguità in cui potere scoprire attraverso l’immagine qualcosa di più di ciò che si vede in superficie. Paradossalmente potrei dire che delle fotografie mi interessa più quello che non c’è che quello che c’è, quello che scopro o che mi suggeriscono piuttosto che quello che dichiarano immediatamente. Le fotografie che preferisco – e non solo nel mio lavoro – sono quelle che possono essere guardate a lungo senza esaurire il loro senso in un gioco formale o di spettacolarità retorica a tutti i costi. In questo senso credo di essere stato influenzato da certa fotografia tedesca degli anni novanta che ha adottato la leggerezza dello sguardo come caratteristica linguistica principale (vedi Candida Hofer e il primo Struth).

Nella città anonima ci sono poche persone e queste sono piccole ed ininfluenti allo svolgimento della scena o alla lettura del luogo, l’inquadratura è fatta a prescindere dalle stesse  che  a volte  casualmente entrano e  completano il quadro animandolo. Le riprese sono state fatte con camera 6×9 grandangolo e negativo a colore.

Durante le mie peregrinazioni periferiche cominciai ad entrare anche nei giardini di questa periferia  “anonima”. Questi spazi li si deve cercare, non sono immediatamente percepibili dal normale percorrere la città – quasi fossero “aree protette” -, le si deve un po’ scoprire e, varcati i confini che li separano dalla città  si percepisce forte la sensazione di entrare in un vero e proprio “mondo a parte”. In questi spazi verdi attrezzati la sensazione di benessere provata in precedenza era amplificata dalla chiassosa presenza di bambini e genitori. Le ultime due foto di questo lavoro sono infatti due fotografie di giardini. Questo ha dato il via al lavoro successivo iniziato nel 2000 e portato avanti fino al 2002 chiamato “la città giardino”.

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© oscar ferrari. 

La città giardino

Questo secondo progetto fotografico è iniziato nel 2000 e continuato fino al 2002 ma il tema dei giardini o dei luoghi del tempo libero interessa ancora la mia ricerca. Il titolo spiega da sé il contenuto del lavoro ma credo sia un po’ riduttivo considerarlo solo un lavoro sui giardini della città di Bologna. Affascinato dalle utopie urbanistiche di inizio secolo in Inghilterra e Germania, in cui la qualità dell’abitare veniva strettamente correlata alla cintura verde che circondava i piccoli sobborghi progettati lontano dalle grandi città e che prendevano il nome specifico di città giardino, cominciai a progettare – fotograficamente – la mia utopica città giardino. Questo lavoro, realizzato con banco ottico, grandangolo estremo e negativo a colore 10×12 ha preso in considerazione diversi giardini di periferia.

La mia operazione non era e non è una indagine sullo stato di fatto dei giardini ma piuttosto uno sguardo sulla città vista attraverso il giardino che ipoteticamente la circonda. Questo lavoro è stato realizzato a Bologna perché è la mia città, ma credo che la stessa operazione avrei potuto realizzarla in qualunque città del mondo. Il senso del luogo credo non sia importante perché quello che mi interessa è l’immaginario che queste immagini mi restituiscono piuttosto che il loro, seppure presente, aspetto documentaristico. Nelle fotografie la parte bassa è sempre una zona verde e la città è sullo sfondo mentre all’interno di questi spazi dilatati dal grandangolo si muovono figurine diverse intente a diverse attività del tempo libero. Le immagini hanno una costruzione apparentemente semplice. L’orizzonte divide precisamente a metà il quadro tra la zona verde e la parte di città percepibile sul fondo: così accostando le immagini – per via del perfetto allineamento dell’orizzonte, si potrebbe costruire una unica visione panoramica – come unico paesaggio – di città vista attraverso la corona verde che la circonda. Una città giardino appunto.

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© oscar ferrari.


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