A Bologna c’eBO, l’ultimo monumento alla contemporaneità

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© arcomai l L’eBO e il monumento a V. Emanuele ai Giardini Margherita [Fotomontaggio].

All’indomani della decisione, da parte del Sindaco di Bologna Sergio Cofferati, di iniziare l’operazione di rimozione anticipata (rispetto ai due anni previsti) dell’urban center di Piazza Re Enzo – inizialmente con lo smantellamento (ai primi di gennaio) degli spazi espositivi e, in seguito, con il trasferimento in altra sede della architettura contemporanea nota come ‘le gocce’, da cui si ha accesso – Bologna si sta preparando ad avere finalmente un nuovo monumento artistico, una vera opera d’arte contemporanea. Infatti, sarà proprio la de-funzionalizzazione di questo manufatto, e il successivo de-classamento in altro luogo, che farà di quest’opera un ‘qualcosa’ d’altro, di diverso, di artistico: solo le opere d’arte non vengono demolite, solo le opere di valore artistico si possono s-montare, ri-muovere e ri-collocare altrove; solo ciò che è culturalmente importante per una società viene conservato e tutelato. Ma la cosa singolare di questa operazione è che tale manufatto diverrà, paradossalmente, proprio il monumento commemorativo della persona che ne vuole il suo tras-loco. Infatti, considerata per molti un’opera essenzialmente anomala, aliena, straniera nei confronti del contesto in cui è stata inserita – tanto da divenire uno dei punti chiave della campagna elettorale che ha portato Cofferati a Palazzo D’Accursio – il complesso delle due gocce di vetro testimonia l’estraneità di chi oggi rappresenta la città (sindaco di una città che non è la sua) e in qualche modo anche il delicato passaggio politico-culturale che la società italiana, attraverso anche l’esperienza’ bolognese di questi ultimi mesi, sta vivendo.

Sono proprio le ambizioni extra-locali (europeismo) – di cui Bologna sembra profondamente convinta di poter farsi carico e promuovere – e le attuali vicende della politica che darebbero a quest’opera ulteriori polisemici significati. Se pensiamo che le figure ‘bolognesi’ più note sono proprio personalità che rivestono incarichi istituzionali, e quindi non partigiani (Gianfranco Fini, Ministro degli Esteri; Pier Ferdinando Casini, Presidente della Camera; Romano Prodi, ex-Presidente della Commissione Europea e futuro candidato premier per le elezioni del 2006), possiamo tranquillamente dire che la ‘bolognesità’, come è stata intesa sino ad ora, non ha più alcun senso. Visto che un giorno tutte le sopra menzionate figure politiche meriterebbero (secondo le tradizioni della toponomastica) di essere ricordati con una strade, una piazze, una scuola, perché non dedicare loro un monumento collettivo, istituzionale, contemporaneo, artistically correct, un preventivo ‘memoriale alla riconciliazione’ che possa celebrarli come insigni protagonisti del tempo che ancora è? E allora, invece di parcheggiare l’eBO in modo sbrigativo e demagogico – come viene paventato in questi giorni nel ‘ghetto cucinelliano’ dell’ex-Mercato Ortofrutticolo in cui verrà realizzata la nuova sede per i servizi unificati del Comune ad opera dello stesso (forestiero) autore de ‘le gocce’ – perché non pensare invece di muoversi in modo più agile e disinibito de-contestualizzando completamente l’eBO anche dalle pesanti connotazioni ideologiche che l’hanno caratterizzata? perché non trasferirle in un luogo imprevisto, neutro, aperto, veramente pubblico come un parco, magari quello dei Giardini Margherita e proprio a fianco del monumento equestre di Vittorio Emanuele che, prima della sua rimozione, dava il nome a quella che oggi è nota come Piazza Maggiore? Entrambi ‘ingombranti’ – e per questo rimossi dalle loro adiacenti piazze per le quali erano stati progettati – insieme si farebbero compagnia, avrebbero molto da dirsi e altrettanto di cui far discutere.

In questo modo Bologna potrebbe uscire dall’imbarazzo di questa grottesca vicenda, chiudere con serenità la telenovela dell’eBO e cogliere l’occasione di dare un colpo di coda ad un bigottismo estetico da talk show che certo non aiuta ad affrontare questioni come quelle innescate dall’urban center. Vogliamo una società aperta? Bene! Allora usciamo dalle stanze, dai luoghi comuni del comune pensare, respiriamo aria pulita, apriamo i cancelli al primo museo all’aperto, come tanti già esistono in Europa. Un museo finalmente pubblico in cui non è richiesto un biglietto, in cui non vige il divieto di far silenzio, di sedersi, di fotografare. Se questa provocazione venisse accolta si verrebbe a creare una situazione nuova, imprevista, paradossale, scandalosa e per questo salutare: proprio la Soprintendenza Regionale per i Beni e le Attività Culturali dell’Emilia-Romagna – che certo non ha mai visto di buon occhio l’infobox di Piazza Re Enzo – sarà costretta a prendersi cura dell’eBO come di una qualsiasi altra opera del patrocinio artistico di Bologna.

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Piazza V. Emanuele (oggi Piazza Maggiore) prima e dopo il trasferimento del monumento equestre ai Gardini Margherita.

 


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