Estetica dell’architettura e percezione dello spazio urbano

20031001_01

Le attività e i comportamenti dei cittadini (oggi “utenti”) all’interno del territorio urbano innescano un problema di rapporto fra spettacolo e scena, che li rendono inconsciamente sia spettatori che attori di un grosso teatro: la città. Introdurre il concetto di estetica dell’architettura (o estetica della compatibilità) in relazione allo studio della percezione dello spazio urbano come strumento atto ad affrontare le problematiche legate al mal-essere del vivere e muoversi all’interno dello spazio urbano, pone le basi per un nuovo approccio alla pianificazione della qualità della vita e dei servizi che la città offre – non sempre compatibili con la reale portata di un paesaggio già fin troppo sovraccarico di funzioni e “linguaggi” – influenzandone così profondamente la scena urbana e quindi il senso di identità e partecipazione che rende una comunità emancipata, unita e forte. I registi (amministratori, pianificatori ed operatori) di questo vasto teatro si trovano ora più che mai a gestire un territorio – dimostratosi oggi più fragile che nel passato – che esige un approccio alle questioni del vivere sociale non più secondo i tradizionali metodi “standardizzati” – con cui sono stati trattati sino ad ora l’edilizia, il traffico, l’arredo urbano, il verde pubblico, ecc. – ma attraverso un processo che ponga l’attenzione alle relazioni tra le caratteristiche morfologiche della città e le esigenze emotive dei suoi abitanti. Per fare ciò, c’è bisogno per prima cosa di riavvicinarci al cittadino (noi) – purtroppo oggi identificato esclusivamente come utente – studiandone i movimenti, le abitudini, i bisogni, le emozioni, e sforzarci di creare le basi per una nuova alleanza tra l’uomo e il suo ambiente.

 

Bologna, 15 ottobre 2003

Moderatore: Nicola Desiderio

Relatori:

Roberto Caterina, Professore (Universita’ di Bologna)

Pier Angiolo Cetica, Professore (Universita’ di Firenza)

Mario Cucinella, Architetto, Professore (Universita’ di Ferrara)

Franco Farinelli, Professore (Universita’ di Bologna)

 

Roberto Caterina, docente associato di “Psicologia della Percezione” e “Psicologia della Musica” presso l’Università di Bologna. Le sue principali aree di ricerca riguardano la comunicazione non verbale, l’espressione facciale delle emozioni, la psicologia ambientale e la psicologia della musica. Su questi temi ha scritto numerosi contributi su riviste scientifiche nazionali ed internazionali. Ha curato, insieme al prof. P. E. Ricci Bitti il volume Moda, relazioni sociali e comunicazione (Bologna: Zanichelli, 1995). Attualmente sta preparando una monografia sulle artiterapie e un volume sul sorriso e i suoi significati emotivi e sociali.

Pier Angiolo Cetica è Ordinario di Progettazione Ambientale, presso la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze; Direttore del Centro Interuniversitario ABITA, sull’architettura bioecologica e l’innovazione tecnologica per l’ambiente; Coordinatore del network europeo Histocity sullo sviluppo sostenibile delle città d’arte europee; Preside dell’Ecole Polytecnique EPOLPAC a Lomè (Togo). Dal 1975 al ’76. E’ stato Preside della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze e nel triennio 1991-94 e nel triennio 1994-97 Direttore del Dipartimento di Processi e Metodi della Produzione Edilizia dell’Università degli Studi di Firenze.

Mario Cucinella, docente ordinario del corso di “Tecnologia dell’Architettura” presso la “Facoltà di Architettura” di Ferrara e fondatore della società di progettazione MCA con sede a Parigi e Bologna. Sin dall’inizio della sua attività si è dedicato costantemente alla progettazione e sostenibilità architettonica, alla progettazione ambientale, alla ricerca e allo sviluppo di prodotti di design industriale. MCA ha ricevuto il Premio per l’Architettura 1999 dalla Akademie der Kunste di Berlino e raccolto in questi anni importanti riconoscimenti in concorsi internazionali di progettazione. Mario Cucinella è autore di eBO il padiglione informativo del Comune di Bologna.

Franco Farinelli, direttore del “Dipartimento di Scienze della Comunicazione” dell’Università di Bologna e presidente del “Corso di Laurea” in “Scienze Geografiche” dello stesso Ateneo. Ha insegnato a lungo nelle Università di Ginevra, Los Angeles (UCLA) e Berkeley (USA) dove attualmente è visiting professor. Il suo ultimo libro, dal titolo Geografia: un’introduzione ai modelli del mondo uscirà a fine Ottobre da Einaudi.

 

CRONACA EVENTO

La parola estetica è il termine con cui il filosofo tedesco Baumgarten nell’opera omonima (1750), riprendendo una radice verbale greca “aisth” (da cui il verbo aistha-nomai), legava per la prima volta l’idea del sentire – ma non con il cuore e col sentimento, bensì con i sensi – alla rete delle percezioni fisiche. Sebbene le definizioni date dai vocabolari si avvicinino unanimemente al concetto che vuole l’estetica come:”insieme dei principi e dei canoni che definiscono il bello” (De Agostani, 1989), si è scelto di adottare questo termine – come anche a quello della percezione – dandogli un’accezione più ampia rispetto a quella con cui solitamente si giudica un oggetto fisico solo per ciò che appare.

20041015_01

Slide tratta dalla presentazione “Percezione dello spazio urbano. Paradigma retinico e paradigma acustico” del Prof. R. Caterina.

A causa di un imprevisto il prof. P.A. Cetica, rimasto bloccato a Vienna, porge alla sala, tramite l’organizzatore dell’evento, le sue scuse per non essere presente al convegno. Se il professore fosse stato presente gli avremmo voluto chiedere di parlarci del suo libro intitolato “Estetica del traffico” (Editori Associati srl, 2000) che ha in qualche modo contribuito a suggerire il titolo di questa conferenza. Infatti il traffico – innescando un rapporto fra spettacolo e scena, in cui gli utenti sono inconsciamente sia spettatori che attori di un grosso teatro: la città – pone delle questioni che vanno al di là della semplice  progettazione e gestione della mobilità in un determinato territorio: effetti visivi e sonori da esso prodotto influiscono profondamente sulla vita di chi abita/lavora in un determinato contesto al punto da determinarne anche l’identità e l’appartenenza ad esso.

Dopo i saluti e ringraziamenti d’obbligo, il primo a prendere la parola è il Prof. Caterina che ci ricorda come la città non sia solo un “ambiente costruito” fatto di strade, piazze ed edifici, ma anche di un “ambiente sonoro” composto dai suoni e rumori, prodotti da chi vi abita. Bologna, in questo, è un caso emblematico per gli evidenti ed inscindibili legami che la legano al un tessuto che, definito dai viali di circonvallazione (ex cinta muraria), è riconoscibile in una “forma urbis” compatta e unica nel suo genere.

20041015_02

Slide tratta dalla presentazione “Percezione dello spazio urbano. Paradigma retinico e paradigma acustico” del Prof. R. Caterina.

“Di spazio sonoro” – dice il professore – “si è sempre parlato poco e quasi sempre limitatamente a fattori relativi ai rumori, all’inquinamento acustico o in relazione al progetto di edifici speciali (es: sale di concerto)” […] “ma il paesaggio sonoro rappresenta la totalità dei suoni che ci circondano e che possono essere: naturali, umani, sociali, meccanici, indicativi-segnaletici, miscellanei e di quiete-silenzio, ai quali si devono poi aggiungere anche quelli dovuti agli atteggiamenti dei fruitori e alle associazioni sonore che possono essere stimolate dai richiami al passato.” […] “In tutto questo” – prosegue Caterina – “non va riconosciuta soltanto un’esposizione passiva, ma anche e soprattutto una ricerca attiva, in cui chi è immerso nel paesaggio sonoro può anche diventarne il compositore”. (Infatti): “In studi già realizzati si è visto come i centri storici, grazie anche alla loro diversa conformazione architettonica, hanno una sonorità più intensa rispetto ai quartieri periferici”. Questa condizione fa suggerire al professore la possibilità di documentare scientificamente questo patrimonio acustico: “Come esistono delle mappe del territorio, parimenti possono essere fatte delle mappe degli ambienti sonori da cui coglierne gli aspetti salienti, gli elementi costanti e quelli variabili. Le stesse mappe turistiche andrebbero completate con informazioni sulle passeggiate sonore segnalando i marchi sonori della città e così dovrebbero essere le visite guidate da parte di scuole o altri utenti”.

Quindi la città è fatta non solo di “mattoni” ma anche di “marchi” da riconoscere ed ascoltare, perché insieme la completano e la identificano come entità unica e mutevole. Tale ricchezza va analizzata, descritta, valorizzata e salvaguardata, contribuendo così ad una maggiore presa di coscienza di una comunità nei riguardi del proprio ambiente vitale, che non è solo visivo o fisico, ma anche intangibile, immateriale, nascosto. Ciò favorirebbe un approccio/rapporto più attivo, consapevole e partecipe alla pianificazione sia sul piano urbanistico-architettonico che su quello percettivo in senso ampio.

A conclusione del suo intervento Caterina ha poi fatto ascoltare, e quindi commentato, la registrazione di una composizione audio dal titolo: “La città udibile” – opera nata nel contesto del Conservatorio di Bologna che ha avuto come autori Mario Barbuti e Maria Chiara Prodi sotto la supervisione del Prof. Camilleri – nella quale sono stati impressi i rumori/suoni che la città produce quotidianamente. I risultato di questo documento è la sorpresa di scoprire come Bologna sia un organismo vivo – forse sconosciuto perché poco ascoltato – capace di comporre quotidianamente un palinsesto diretto dalla sua anima vitale e tradotto in suono dai suoi abitanti. Si prende così coscienza di vivere in una città che è anche un enorme strumento musicale, un rarissimo “stradivari urbano” creato da una “forma urbis” unica e compatta – perché costituita da un complesso glomere di edifici, cortili, piazze, portici (per uno sviluppo di ben 37 chilometri interrotti fisicamente in solo 4 punti) – che insieme ad un network di strade a “doppia raggiera” (vera testimonianza di un passato medioevale) – produce e diffonde incessantemente una straordinaria musica fatta di suoni/rumori/parole prodotti tutti da chi abita e si muove all’interno di questo costruito tutto da ascoltare. Permettetemi a questo punto l’azzardo: forse l’inventore della radio – ricordato (fino ai primi di Marzo 2004) in una mostra dal titolo “Marconi, il genio e il futuro” (a commemorare il centenario del primo contatto transoceanico) – non poteva che nascere da questa singolare sinergia di forze creative che Bologna ha sempre avuto, ma che fa fatica a ri-attivare per continuare ad essere città anche dell’immaterialità.

20041015_03

Slide tratta dalla presentazione “Percezione dello spazio urbano. Paradigma retinico e paradigma acustico” del Prof. R. Caterina.

Sulla realtà intangibile e tuttavia incommensurabile, di cui scopiamo essere costituita una città, ce ne ha parlato anche il Prof. Farinelli che, ispirandosi allo slogan riportato sui pannelli che chiudono un cantiere edile in Via Orefici dice: “Chi amaBologna è cambiato”, a sottolineare come la città si trovi da tempo a vivere inconsapevolmente una stagione cruciale della sua storia.

20041015_04

© arcomai l “chi amaBologna è ricambiato”.

Cercando di ricostruire in poche battute il concetto di città dal ‘500 in poi – “…per Torquato Tasso la città era una radunanza di uomini non una serie di oggetti  […] in epoca dei lumi la città era tale perché identificata come spazio fisico ben definito entro un recinto (la cerchia muraria) […] mentre  oggi è (invece) un’entità astratta di cui è difficile, impossibile e forse inutile tentare di definirla, poiché non più riconoscibile e circoscrivibile da segni/confini/limiti chiari” – il professore arriva a dimostrare come in qualsiasi epoca: “…la città è tale nella misura in cui riesce a produrre un’immagine condivisa in sé e a farla circolare” e come in questo: “Bologna è un caso unico nella storia della città”. A supportare tale tesi il Nostro prende come esempio il Palazzo dei Notai in Piazza Maggiore che “…anche se trasformato parzialmente dalle fantasie di Rubbiani e solitamente trascurato dal turista che vista la città, testimonia come Bologna già nel medioevo sia, sul piano della sociologia urbana, una città informazionale in cui si produceva e si faceva circolare informazione specializzata che in forma di arti e saperi hanno fatto in seguito testo in tutta Europa”. È per questa capacità di [pro]porsi, [pro]muoversi e [ri]innovarsi di Bologna che Farinelli individua in Luigi Ferdinando Marsili (padre degli Studi delle Scienze): “…il personaggio più importante – anche se purtroppo poco conosciuto – della storia culturale bolognese, il quale vedeva nella produzione editoriale – quindi l’industria dell’informazione – la strategia su cui impostare lo sviluppo economico di un territorio, di per sé carente di rilevanti ricchezze naturali”.

20041015_05

Palazzo dei Notai prima e dopo l’intervento dell’architetto-restauratore Alfonso Rubbiani.

A completare la serie di fattori non casuali che fanno di Bologna una città unica in Italia e non solo, continua il Farinelli: “è qui che è nata l’illustrazione scientifica […] è qui che è venerata forse più del patrono (San Petronio) una Madonna,  quella di San Luca, che prende il nome guardacaso dal santo che è il protettore degli artisti e quindi di coloro che producono immagini […] è qui che ha inizio con i Carracci un genere artistico: la pittura del paesaggio che fa per certi versi di Bologna la anti-firenze: espressione, cioè, di un modello che è antitetico a quello della modernità rinascimentale, quella per intenderci dello spazio urbano come lo si concepisce erroneamente ancora oggi”. Così spiega il Nostro: “a Firenze il contado è un’annessione alla città (bianco) che è a sua volta il centro di controllo del territorio; mentre, a Bologna, è la città che è l’espressione del contado, non a caso il colore predominate è il rosso: quello della terra” e ancora: “…mentre la pittura fiorentina rappresenta un mondo simmetrico e concluso, in un quadro bolognese c’è sempre un personaggio fuori dall’immagine”. Questo dualismo è per Farinelli importantissimo per cercare di spiegare l’importanza che Bologna ha avuto per la cultura europea in quasi un millennio, sino a quando anch’essa ha dovuto cedere sotto i colpi del moderno che per il relatore ha inizio “…anni fa quando in Via Belle Arti il Dipartimento di Sociologia viene dipinto di bianco (modello fiorentino)”.

20041015_06

© arcomai l Il Dipartimento di Sociologia (Via delle Belle Arti) tinteggiato di bianco contrasta in modo evidente con i colori predominanti della scena urbana di Bologna.

Ma poiché non si può pensare ad un territorio senza pensare alla popolazione che l’ha abitato e ancora lo abita, così Farinelli chiude il suo intervento, sottolineando come sia inscindibile il rapporto tra la società e la storia: “C’è una cultura urbana bolognese che andrebbe riscoperta, ristudiata ed esaminata nei confronti di un modello urbano che non funziona più, perché non esiste più lo spazio dal punto di vista funzionale. Abbiamo un urgente bisogno di nuovi modelli per formalizzare l’organizzazione del mondo non solo in riferimento alle città ma in senso generale, il che non significa riscoprire i valori della petronianità, ma la riconsiderazione di una città come corpus organico – privo di movimenti (flussi) – che funzioni letteralmente in marniera antitetica rispetto al modello della modernità” […] “Se non si fa questo si rischia di perdere un patrimonio assolutamente straordinario, una stratificazione, una sedimentazione di modelli immateriali” […] “la città è sempre stata questo: non un semplice insieme di uomini, né un recinto con degli oggetti (edifici) al suo interno, ma un luogo dove si producevano immagini del mondo; la città è qualcosa che noi possiamo sì toccare e percorrere, ma ciò è solo quello che vediamo. Vi è un’altra città o un altro ambito del tutto immateriale che ci sovrasta, ci comanda e ci attraversa, dove il rapporto tra fisico e metafisico è assolutamente rovesciato. C’è bisogno di riscoprire la città immateriale, quella per intenderci che ha fatto di Bologna, il luogo in cui per secoli si è manifestata una straordinaria capacità di innovazione, di organizzazione e “sapere moderno”.

Caterina e Farinelli, pur provenendo da esperienze didattiche e di ricerca diverse, ci fanno comprendere come l’inestimabile eredità – che Bologna lascia ai suoi cittadini – è l’essere stata per secoli un unicum nella storia della città, l’essere stata la capitale (a volte anche sovversiva e controcorrente) della comunicazione; l’essere stata durante i secoli la più grande fabbrica delle immagini/modelli/suoni per il vivere civile; l’essere stata in sostanza la sola “città immateriale” del sapere. Saremo in grado di essere autorevoli eredi di questo patrimonio facendoci artefici di una nuova stagione?

20041015_07

© MCarchitects l Immagine-manifesto della filosofia progettuale dello studio MCarchitects.

Chiude la conferenza il Prof. Mario Cucinella che, prima di illustrare al pubblico alcuni rilevanti progetti realizzati o in via di completamento in Italia, ci annuncia come in futuro la pratica progettuale sarà destinata a subire una profonda trasformazione e come l’architetto diverrà una figura professionale strategica nel settore delle costruzioni. Infatti, a causa del nostro attuale modo di vivere che ha oramai dato fondo alle scorte di risorse energetiche a nostra disposizione, l’architetto dovrà concepire edifici – che sono tra i principali consumatori di energie – secondo modalità progettuali dinamiche e sempre aggiornate. Così l’architettura contemporanea deve e dovrà essere sempre più in futuro l’espressione non solo di una “forma finita”, ma anche di un sistema integrato di “forme minori” che insieme portano al risparmio, alla praticità e al confort, tutti requisiti che spesso vengono trascurati dalla progettazione “convenzionale”, ad oggi purtroppo e ancora disattenta nei confronti di un ambiente profondamente segnato dal progresso. Partendo appunto da un approccio di integrated design sintetizzabile nel motto: “ L’ambientale è estetizzato e l’estetico è ambientalizzato”, Cucinella ci dice che il fine estetico di un progetto oggi va perseguito tramite la ricerca e sviluppo della sperimentazione tecnologica – come poi lo è stato anche in altre stagioni gloriose dell’architettura – secondo finalità tese ad una nuova alleanza tra la natura e l’operare dell’uomo, i cui segni siano però riconoscibili sia sul piano linguistico che su quello compositivo.

Questa filosofia progettuale è facilmente riconoscibile nelle opere che l’architetto realizza da anni, tutte accomunate dall’essere il risultato di una ricerca congiunta finalizzata alla soddisfazione di esigenze di tipo energetico, funzionale, ed estetico, che si avvale sempre, anche nei progetti complessi, di accorgimenti suggeriti o dall’edilizia tradizionale o da accurati studi dei fenomeni fisici che regolano gli elementi. Così risorse come luce, aria e acqua vengono utilizzate seguendo criteri che riducano sensibilmente il sistema degli impianti necessari al funzionamento di un edificio (condizionamento, riscaldamento, illuminazione), ottimizzando lo sfruttamento delle energie pulite, naturali e riducendo così sia i costi di costruzione che gestionali.

Milano l Trasformazione urbana Per il progetto di Via Bergognone a Milano, vincitore di un concorso internazionale indetto dalla Società immobiliare Himes, si è intervenuto perseguendo l’idea di trasformare un complesso di quattro edifici e una corte interna (costruito tra gli anni ’60 e ’70) in un unico blocco urbano “intelligente”. Tale obiettivo è particolarmente evidente nel palazzo a nove piani che, volto a sud-ovest e quindi maggiormente esposto al sole, è stato rivestito in facciata con uno schermo di vetro che, oltre a dare al nuovo involucro un’immagine contemporanea e unitaria, porta con sé una deducibile funzione meccanica. Infatti, questo nuovo fronte (a sbalzo di 60 cm. rispetto al filo dell’edificio originario) è realizzato con un sistema ad ampie campiture in vetro fatte corrispondere con la struttura modulare del blocco esistente che,  fungendo come una grossa persiana, riducono l’impatto dell’irraggiamento solare e quindi ridimensionano sensibilmente il ricorso a sistemi di condizionamento interni. L’utilizzo della tecnologia di travi fredde a soffitto (in parte integrate nel sistema di illuminazione e in parte nel controsoffitto forato) connesse all’impianto di ventilazione, assicura il comfort climatico localizzato degli ambienti e il loro raffrescamento. Dall’ingresso principale al complesso, ora spostato sua via Tortona dopo la demolizione parziale dell’edificio che correva lungo tutto questo lato del lotto, si accede direttamente alla corte interna che, parzialmente coperta da un’elegante e complessa vela anch’essa in vetro, funge da spazio unitario su cui affacciano le hall dei singoli edifici.

20041015_07

© Photo MCarchitects l Viste dell’edificio su Via Bergognone e della corte interna prima e dopo l’intervento.

Otranto l Stazione marittima
La realizzazione della nuova stazione marittima e capitaneria del porto di Otranto nasce nell’ambito del programma di finanziamento europeo Interreg II Italia-Grecia, finalizzato a migliorare ed incrementare la rete commerciale e di collegamento tra i due paesi. La struttura dell’edificio (90×16 m circa) è in cemento armato. L’opera è rivestita completamente con pietra di Lecce che, per le tecnica da taglio adottata (a piano di sega) e l’utilizzo di partite estratte dalla stessa cava ma da profondità differenti, dona alla superficie del rivestimento un effetto graffiato e un gioco di sfumature cromatiche in particolari ore del giorno. L’edificio, orientamento lungo l’asse SO-NE, è sviluppato su due piani destinati ad uffici e spazi per la ricezione del pubblico. Le facciate nord-occidentale e nord-orientale sono inclinate rispettivamente di  8° e 16°. Tale espediente, oltre a dare un segno forte e dinamico alla stazione, contribuisce a proteggere gli ambienti interni dalla penetrazione della luce estiva che si riflette dal bacino del porto. A fianco dell’accesso principale, riconoscibile da un’ampia vetrata inclinata, parte un collegamento pedonale a gradini e gradoni che articola due ampi spazi pubblici: quello della grande terrazza urbana sopra l’edificio e la piazza antistante l’ingresso che, sviluppata lungo l’asse longitudinale dell’edificio, è protetta da una pensilina a brise-soleil realizzata con una struttura in acciaio zincato e lamelle frangisole in lamiera forata. Per la pavimentazione delle superfici pedonali circostanti la stazione si è scelto di utilizzare pietre locali come quella di Soleto e quella detta Apricena, così da assicurare una certa continuità con il contesto storicizzato del luogo. Con l’inserimento poi di essenze tipiche della macchia mediterranea il complesso tenta di legarsi anche con il paesaggio della pineta vicina.

20041015_08

© MCarchitects l Due viste della stazione marittima e particolare dei materiali di rivestimento.

Recanati l Uffici direzionali
L’edificio, destinato ad ospitare gli uffici amministrativi, commerciali e direzionali della iGuzzini, si sviluppa per un’altezza di quattro piani organizzati attorno ad un patio interno. Questo “pozzo centrale” oltre ad assicurare luce negli ambienti, si attiva come una sorta di “colonna vuota” all’interno della quale viene raccolta l’aria calda proveniente dagli uffici e poi espulsa attraverso le griglie di ventilazione collocate ai lati dei lucernari, contribuendo così (insieme alla regolazione delle aperture in facciata) al raffrescamento durante i periodi di transizione da una stagione all’altra. Alla termoregolazione non forzata dell’edificio contribuisce anche la griglie brise-soleil a maglia metallica e lamelle che, posta a quota copertura, protegge le facciate in vetro dall’irraggiamento solare. Anche all’interno dell’edificio si attua un ulteriore controllo dell’illuminazione grazie all’adozione di veneziane e al posizionamento di una mensola riflettente che, deviando la luce naturale verso la profondità dei locali, amplifica la luminosità naturale dentro gli ambienti. Centrali termiche e parcheggio sono nascosti da un piano inclinato sistemato a verde  collocato in corrispondenza della zona di accesso al fronte meridionale dell’edificio.

20041015_09

© MCarchitects l Schema funzionale del sistema di termoregolazione (naturale) dell’edificio. Due viste esterne del manufatto architettonico. Studi preliminari per la progettazione del brise-soleil.

Forlì l Campus universitario
Anche questo progetto è il risultato di un concorso internazionale indetto (questa volta) dal Comune di Forlì per la ri-conversione del complesso che fa capo all’ospedale Morgagni in campus universitario. Finalità del bando: la revisione del nucleo ospedaliero originario e del sistema di accessi, la costruzione di nuovi volumi e la riorganizzazione del verde di pertinenza con particolare attenzione alla conservazione degli alberi esistenti. La proposta si distingue per la disposizione a ventaglio di nuovi blocchi didattici leggermente interrati e coperti da una struttura lamellare composta da supporti curvati su cui si appoggiano pannelli fotovoltaici che hanno anche la funzione di ombreggiare gli ambienti sottostanti. I locali, sviluppati su di un unico piano galleggiante sopra un “lago d’aria” sottostante il pavimento, garantisce, grazie al collegamento di questo con un sistema di torri di ventilazione, di agevolare lo scambio termico, di ridurre il consumo dell’energia durante le stagioni intermedie dell’anno e, quindi, di limitare le potenze impiantistiche altrimenti molto alte. Unico elemento completamente fuori terra è l’auditorium che si affaccia su una nuova piazza pubblica.

20041015_10

© MCarchitects l Schizzi di studio esemplificativi del sistema autonomo di termoregolazione. Plastico del progetto e dettaglio in scala degli elementi di cui è composta la copertura.

Cremona l Ristrutturazione edificio
Il progetto è l’esito di un concorso nazionale organizzato dalla società Actea di Cremona per la ristrutturazione dell’ex Casa di Bianco: un’area centrale della cittadina costituita da un edificio in cemento armato risalente agli anni ’70, da una torre (detta del Capitano del Popolo) e da un palazzo cinquecentesco di cui è rimasto solo il fronte e il portico, tra l’altro già rimaneggiato negli anni Venti. Le destinazioni d’uso sono di tipo commerciale per il piano terra e residenziale per i livelli sopraelevati. L’intervento prevede: la ristrutturazione della torre, il ripristino della facciata cinquecentesca e la realizzazione di un nuovo blocco che (in chiave contemporanea) va a sostituire, pur conservando volumetria e struttura originaria, quello di recente fattura. Dall’analisi dei materiali e degli elementi tipici locali, si giunge così a realizzare (per questa parte dell’intervento) un fronte “immateriale” costituito da un sistema leggerissimo di persiane in cedro, inserite nello schema strutturale esistente, attraverso il quale si intravedere il vetro policromo della facciata retrostante. L’antico patio è ora un giardino interno su cui si affacciano le residenze.

20041015_11

© MCarchitects l Particolare delle fronte del nuovo blocco e suo inserimento nel contesto cittadino. Vista interna ed esterna della vetrata che si affaccia sul cortile interno.

 

 


Back to Top