La “bellezza mostruosa” del Transformer Castle dove regna il “solitary confinement”

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arcomai I Vista del complesso dalla montagna circostante.

In molti paesi del mondo quando la popolazione di una comunità raggiunge i 10,000 abitanti, questa iene qualificata come città. Ad Hong Kong esiste un edificio che ospita al suo interno oltre 10,000 persone. Questo fabbricato si trova sulla King’s Road tra le tazioni della metropolitana di Quarry Bay e Tai Koo, lungo la costa settentrionale dell’isola. Stiamo parlando di un immobile di venti piani per un totale di circa 2.400 unità (con una media di 120 unita’/piano). Assumendo che ogni unità possa ospitare dai 4 ai 6 individui, il numero totale di abitanti può oscillare dai 9,600 ai 14,400. e a ciò aggiungiamo anche chi occupa le superfetazioni abusive costruite sul tetto durante gli anni, allora la cifra stimata può raggiungere facilmente anche le 15,000 persone. Non sarebbe quindi esagerato affermare che ci si trovi di fronte ad un raro caso urbano di “città-palazzo”.

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arcomai I Assonometria del complesso.

Costruito negli anni ’60, il complesso si presenta come una facciata curva di cemento dietro alla quale si sviluppa un footprint “a forchetta” con tre stecche residenziali perpendicolari alla strada principale. Tipologicamente e’ un “corpo edilizio” che appartiene a due categorie edilizie tipiche di Hong Kong: quella del “composite building” e quella del “canyon” che qui non sto ad elencarvi le rispettive peculiarità morfologiche. Ciò che importa registrare e’ il fatto che questo edificio e’ qualcosa di più di un “palazzone”, e’ un esperimento genetico di edilizia/società che trova la sua massima espressione, non tanto in quell’inquietante quinta stradale monumentale che si vede dalla King’s Road ma nei due cortili interni definiti dai tre blocchi. E’ li’ che il “monumento” diventa “città”.

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© arcomai I Vista del complesso dal tetto.

Il suo nome e’ indefinito, o meglio ha cinque differenti denominazioni come il numero dei blocchi di cui il complesso e’ commercialmente diviso (Oceanic Mansion, Montane Mansion, Fok Cheong Building, Yick Cheong Building e Yick Fat Building). Per comodità lo chiameremo The moustrous beauty. Un agente immobiliare mi ha detto che tempo addietro un architetto locale – che fece uno studio su questo particolare manufatto – intitolo’ un suo scritto in questo modo. Per chi ha occasione di vederlo di persona può comprendere il significato di quel nome e tentare di capire come una costruzione cosi “mostruosa” possa esprimere una certa forma di bellezza. Per chi invece non e’ stato ad Hong Kong e non ha intenzione di andarci, può vederlo in una scena spettacolare del film Transformers 4: l’Era dell’Estinzione, la pellicola diretta da Michael Bay (2013) che ha contribuito a dare al complesso il soprannome di The Transformer Castle.

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Fotogramma tratto dal film Transformers 4: l’Era dell’Estinzione.

Il lungometraggio, prodotto da Steven Spielberg con un budget complessivo di 210 milioni di dollari americani, e’ stato protagonista di un fatto di cronaca che ha fatto il giro del mondo. Durante le riprese, due fratelli ed un famigerato complice (soprannominato Chan) hanno cercato di estorcere al regista la bella cifra di 100.000 dollari di Hong Kong (circa 13.000 Euro) senza nessun motivo apparente. Quando il Bay si è rifiutato, uno dei due fratelli gli ha lanciato contro un condizionatore d’aria, a cui ha fatto seguito una colluttazione con i poliziotti che erano stati chiamati dalla produzione. I tre della banda sono stati arrestati con vari capi di imputazione e la pellicola ha continuato a girare. Noi non sappiamo con quali motivazioni i tre spavaldi pretendessero di essere pagati. Qualcuno dice che li avessero mendati la Triade di Hong Kong per riscuotere un “pizzo”. Altri dicono che il fatto si sia consumato al The Transformer Castle.

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Fotogramma tratti dal film Transformers 4: l’Era dell’Estinzione.

Quando vivevo a Singapore lo studio per cui lavoravo era solito organizzare, ogni tre mesi, una serata al cinema in cui erano invitati tutti gli impiegati, direttori compresi. Poiché allora eravamo circa 140 persone, la segreteria del “grande capo” affittava un’intera sala solo per noi. Mi sono assorbito quasi due anni tutte le più quotate pellicole di “super-eroi” (Made in USA) di quel periodo con lo stesso animo con cui il (nostro) Rag. Fantozzi si appassionava davanti alla tanto temuta “Corazzata Potëmkin”. Accettavo di andare al cinema con i miei colleghi per senso di responsabilità, secondo ciò che nella cultura britannica e’ nota con il nome di “common sense”.

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© arcomai I Vista interna del complesso.

Il mio ultimo film coi “ragazzi” di Singapore e’ stato proprio Transformers 4. Quando vidi la scena della battaglia tra i robots “buoni” e quelli “cattivi”, consumata sulla facciata dell’edificio, ebbi una folgorazione. Casualità della vita, di li’ a poco mi sarei trasferito ad Hong Kong. Un giorno camminando lungo la King’s Road vidi un annuncio di un’agenzia immobiliare con la foto del Transformer Castle.– che non mi feci scappare. Chiesi di vedere l’appartamento. Dopo quella prima esperienza entrai dentro uno “stato mentale” che mi porto’ ad innamorami di quel “mostro”, al punto di arrivare a fissare nei fine settimana altri sopralluoghi con altre agenzie della zona, Spacciandomi per un potenziale cliente, interessato a vivere in una di quelle “case”, avrò visitato almeno una dozzina di unita’.

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© arcomai I Vista interna di uno dei “shoe boxes”.

Corridoi senza fine, cancelli dorati o argentati, simboli scaramantici sulle porte, milioni di scarpe, angoli bui, voci, odori, rumori che prendevano tutto, si mescolano diventando la “stessa cosa” per poi perdendosi nei meandri del “labirinto verticale”. E’ difficile raccontare cosa ci sia dentro questi alloggi. Molte di questi sono “micro celle”, derivate da sub-divisioni di unita’ di per se’ già piuttosto piccole. Chiamate comunemente shoe-boxes. queste “scatole abitative” sono spesso meglio degli appartamenti originali, poiché vi possono vivere noi più di una persona. Gli altri sono “mondi a parte”, ambientati da cucine in muratura annerite dal tempo, bagni fatiscenti, stanze da letto con letti a castello, sgabuzzini di 2x2m senza finestra dove dormono le donne di servizio (filippine o indonesiane). Una diorama umano in una dimensione assurda. Una “incognita urbana” dove lo spirito di adattamento trasforma geneticamente l’uomo, dove l’essere umano si trasforma per poter vivere dentro un “solitary confinement”. Io credo che un architetto debba saper vedere la bellezza anche quando questa non si manifesta, che qui non estetica ma interiore. Qui e’ tutto cosi’ vero che sembra di essere in un film.

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© arcomai I Vista del complesso dalla King’s Road.


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