Architetture contemporanee per Bologna: 10 domande a Leonardo Celestra

Lo studio Celesta De Architectura Opere, nasce nel 2006 con una propensione multidisciplinare, operando soprattutto nel campo della progettazione architettonica, del recupero edilizio ed interior design. Alla mostra “Architetture contemporanee per Bologna” ospitata presso l’IPLE di via del Gomito dal 6 al 31 maggio 2011, ha esposto due suoi interventi residenziali di sostituzione-riqualificazione residenziale, un tema che si sta imponendo nello scenario bolognese e che vede questo progettista particolarmente attivo con diversi esempi, realizzati ed in corso. L’adozione di aspetti linguistici attinti dalla ricerca internazionale ha consentito all’autore di sperimentare le possibili modalità di reinterpretazione architettonica di manufatti privi di caratterizzazione, inserendo in contesti oramai consolidati (come le pendici della prima collina bolognese) presenze che appartengono alla visione contemporanea del costruire, più spesso praticata altrove, in zone periferiche e di espansione.. Caludio Zanirato, redattore di arcomai.it, ha incontrato Leonardo Celestra per rivolgere 10 domande allo studio, per indagare come si è formato, le sue principali propensioni, come vede lo scenario operativo dell’ambito bolognese.

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© Leonardo Celestra I Intervento di demolizione e ricostruzione di una villa residenziale in via Bellombra a Bologna, di recente ultimazione.

Claudio Zanirato Esiste una specificità dell’architettura a Bologna, città senza una formale “scuola di Architettura”, ritieni possa esistere un suo “genius loci”?

Leonardo Celestra Non  penso che esista aggi, a Bologna, una specificità nel linguaggio architettonico che porti a sintetizzare il tutto all’interno di una “ maniera” o scuola di pensiero del fare Architettura. Esistono emergenze Architettoniche interessanti, ma non relazionate in un linguaggio comune. Ho forti difficoltà a individuare una “ bolognesità “ nei principali interventi edilizi in corso a Bologna: il genius loci non è elemento omologante e standardizzante ma, come dice Christian Norberg- Schulz, evidenzia lo spirito del luogo e per rispettare, o meglio, comprendere lo spirito di Bologna non ci si può limitare a fare tutte le case con il mattoncino faccia vista e arretrando il piano terra per creare un piccolo porticato. Questo vorrebbe dire limitarsi alla pelle e non esplorare l’interno delle emozioni e delle sensazioni che questa città è ancora in grado di emanare. Quindi, per rispondere alla tua domanda, sicuramente Bologna è una città con un forte genius loci, ma probabilmente non siamo riusciti ancora a tradurlo e a restituirlo in Architettura.

 

CZ Dove hai studiato Architettura? La riconosci ancora come una scuola cui fai riferimento nella tua pratica professionale o hai preferito guardare anche oltre? Dove?

LC Mi sono laureato all’università di Firenze. Sicuramente il periodo universitario è stato importante dal punto di vista formativo, ma ritengo di aver imparato forse più dalla città che dalla facoltà. Firenze è stata un buonissimo laboratorio di sperimentazione architettonica, da Michelucci, Savioli, Natalini, dal pisano Carmassi, fino ad arrivare allo studio Archea. Se la mia base formativa è di matrice Toscana non posso però certo dire di far riferimento alla scuola Fiorentina. Ho sempre trovato stimolanti gli sviluppi architettonici di paesi come la Spagna, il Portogallo, l’Olanda, la Germania, il Cile, la Cina e in questo contesto non posso che evidenziare l’importanza dei viaggi, delle riviste di settore e dei portali internet specializzati.

 

CZ Il passaggio dagli studi al lavoro com’è avvenuto e qual è stato il divario che hai dovuto colmare? E’ avvenuto con una pratica empirica o ti sei avvalso dell’esperienza di altri studi?

LC Negli ultimi anni di università e subito dopo la laurea ho lavorato nell’impresa di ristrutturazioni di famiglia. Professionalmente quindi provengo dal cantiere. Solo dopo, a seguito della vincita di un progetto di 50.000 mq di uffici nel centro di Sofia ho iniziato a progettare. Devo molto a quella commessa, perché mi ha permesso di fare quello che amo, cioè la professione di Architetto. Non ho mai fatto tirocinio in altri studi. Da ogni progetto fatto ho sempre imparato cose nuove che mi sono servite nel progetto successivo.

 

CZ L’attenzione alla sostenibilità energetica ed ambientale sembra far convergere l’architettura contemporanea verso un indirizzo comune, in una rifondazione disciplinare, in una nuova sorta di globalizzazione “modernista”: come ti collochi di fronte a questa prospettiva? Avverti il rischio?

LC Fare Architettura sostenibile non vuol dire sposare uno stile o una corrente espressiva. Oggi la sostenibilità ambientale è, prima, un dovere morale del progettista, poi, un approccio al progetto che chiama in causa molte più variabili ambientali che prima erano, in qualche modo, sottovalutate. La sostenibilità energetica, essendo profondamente radicata al luogo e al suo clima, dovrebbe, di conseguenza, portare a una grande varietà di modelli progettuali, almeno tanti quanto sono gli ambienti esterni in cui si opera. Invece, la nova industria della “green Economy “ ci propone sub- sistemi standardizzati per fare fronte alle problematiche ambientali. Questo, spesso, porta alla realizzazione di edifici molto simili nel linguaggio. Una caratteristica fondamentale negli edifici ad alto risparmio energetico è il compattamento volumetrico e il dimensionamento e orientamento delle superfici vetrate. Quindi le grandi articolazioni, presenti nell’architettura organica, sono, il più delle volte in antitesi con i principi di contenimento energetico. Oggi la sfida  consiste  nel produrre edifici ad alto risparmio senza perdere la propria personalità espressiva.

 

CZ Il tema della trasformazione prevale rispetto al processo di crescita urbana in una città come Bologna, dove spesso si riqualifica l’esistente invece che pensare ex novo: ma si possono instaurare anche nuovi piani relazionali con tali interventi di sostituzione, e cambiare così la città dal suo interno?

LC Quando si parla della società italiana, spesso si dice, con vanto, che l’85% della popolazione è proprietaria di almeno una casa. La frantumazione della proprietà, oltre a farci capire che il prodotto casa è il più amato dagli italiani, è causa dell’immobilismo urbano. A prescindere dalla sua destinazione d’uso, una volta frantumata la proprietà di un edificio fra più soggetti, con molta difficoltà si potrà assistere al suo ammodernamento attraverso la demolizione e la ricostruzione. Il dramma è amplificato quando si parla di edifici commerciali. Bologna non è una città con grandi aree industriali dismesse: la sua vocazione artigianale ha generato piuttosto il formarsi di piccoli capannoni all’interno di consolidati urbani, quindi si parla spesso di riqualificazione chirurgica sul tessuto urbano. Penso che la vera scommessa cittadina siano le aree demaniali  delle caserme situate in luoghi  strategici e gli areali di espansione predisposti dal PSC della città. Queste devono essere delle occasioni da non perdere per ridisegnare la città.

 

CZ I materiali ed i colori come si legano alla forma ed ai luoghi in cui ambienti i tuoi progetti? Cerchi una continuità possibile o la straniazione?

LC Devo dire che tutto è condizionato dal luogo: ci sono luoghi che ti suggeriscono una continuità del costruito e luoghi che ti invitano a rompere con il contesto attraverso forme e colori del tutto inaspettati. A mio modo di vedere, la forma, intesa come risultante dello spazio limitato dai vari sub sistemi architettonici, è l’essenza dell’architettura stessa. Io sono propenso a procedere per sottrazione dello spazio, ovvero, considerando un parallelepipedo di puro spazio, tolgo per arrivare allo spazio da me determinato nel mio progetto. E’ un approccio più da scultore, forse, che da Architetto, me ne rendo conto, ma mi viene spontaneo ragionare più per sottrazione che per addizione. Il colore è un rafforzativo della forma, quindi, un dettaglio, rispetto all’insieme, può diventare protagonista se colorato con toni vivaci. Al contrario, usando tinte più tenui, lo stesso dettaglio tende ad uniformarsi al resto.

 

CZ Lo spazio pubblico, che ha fatto unica la città di Bologna, è da molto tempo non più oggetto di attenzioni progettuali particolari: è cambiata la città oppure il privato ha avuto il soppravvento sul sociale, spostando l’attenzione su altri territori?

LC La cura dello spazio pubblico denota il livello di civiltà del territorio. Sicuramente la città di Bologna, come molte altre città italiane, sta vivendo un periodo di forte crisi culturale ed economica che si riflette inevitabilmente anche nell’attenzione agli spazi pubblici. Inoltre Bologna capoluogo ha avuto degli arretramenti e subito alcune importanti perdite quali: la frammentazione dell’azienda università con il distacco di alcune facoltà in altre città; la perdita di competitività della Fiera a favore di fiere minori come quella di Rimini; nel campo del turismo Bologna è vista come tappa di sosta nel viaggio tra Firenze e Venezia; l’intero assetto viario, dagli anni ‘80 in poi, è andato, gradualmente, sempre più indebolendosi, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui, negli orari di punta, la città si immobilizza. Questi, e altri,  aspetti indeboliscono  Bologna dal punto di vista economico, e di luogo d’attrazione. Dobbiamo capire che la bellezza è un valore economico importante, più bella sarà la nostra città più alti saranno i valori dei nostri immobili, e di conseguenza il mercato in generale sarà più ricco. Spesso penso alla città di Bilbao che da modesta città post industriale è riuscita a diventare una città di attrazione internazionale. Nelle lottizzazioni, il luogo pubblico risulta essere sempre un’area di scarto all’interno del progetto, un‘area da cedere come standard di verde o di altro. Penso che sia arrivato il momento di rivalutare lo spazio pubblico portandolo al centro del progetto, sapendo che i semplici dormitori hanno fatto oramai il loro corso, e oggi per fare dell’edilizia di qualità bisogna integrare il luogo privato con il pubblico. Sempre più importanza prenderanno i parchi urbani, e i luoghi di aggregazione come piccole piazze.

 

CZ La progettazione residenziale costituisce l’attività prevalente per molti: questo propone la possibilità di elaborare modelli abitativi aggiornati o solo riconfigurati in base a modelli stilistici correnti?

LC Anche il mio studio, come molti altri, lavora per la maggior parte, su progetti di carattere residenziale. Il tema del residenziale è complesso. L’innovazione stilistica è spesso vista come un limite alle vendite, e quindi si preferisce fare quello che si è sempre fatto piuttosto che offrire novità. Si parla molto di edifici passivi e bioclimatici, ma quanti edifici a Bologna si possono veramente considerare tali? Il tema dell’architettura residenziale in Italia è ingessato dalla consuetudine. Generalmente, quando si costruisce per vendere, si ha paura di essere non capiti dal mercato con il risultato che l’innovazione, il più delle volte, è possibile solo quando il committente e l’utente sono la stessa persona. Si avrà una nuova riconfigurazione degli aggregati abitativi solo quando la committenza riuscirà ad emanciparsi e capire che, per essere forti nel mercato del 2000, bisogna introdurre elementi nuovi capaci di “emozionare” l’utente.

 

CZ Se l’architettura può essere definita “plasmare dei luoghi per delle persone”, qual è allora l’atteggiamento del progettista di fronte ad una committenza “virtuale”, cioè mediata da figure d’intermediazione, “commerciali” insomma?

LC Sono consapevole che l’aspetto economico è un aspetto importante. Non dimentichiamo che, se l’intero processo edilizio non è supportato da un buon assetto economico, si danneggia il territorio piuttosto che arricchirlo. Un buon Architetto deve essere in grado, prima di tutto, di ascoltare il committente e comprendere che il progetto non è mai una realtà individuale, ma bensì una realtà collettiva, dove colui che innesca il processo ha un ruolo non certo secondario. Il committente, se è strutturato e culturalmente formato, risulta essere un valore aggiunto al progetto mentre, se non è strutturato, allora il progettista diventa il punto di riferimento dell’intero processo e sta alla sua bravura indirizzargli la strada dettata dal progetto. Personalmente ho sempre pensato di essere pagato per dire la mia e di difendere le mie idee al fine di creare un dialogo costruttivo con le idee del committente. Allinearsi fin da subito alle volontà del committente, pur non approvandole, significa non rendergli un buon servizio. Bisogna invece avere molto rispetto per chi investe e rischia i propri denari, pertanto è dovere del progettista impegnarsi in modo tale che alcune idee dettate più dalla paura del mercato che dalla convinzione, siano abbandonate a favore dell’innovazione espressiva e della qualità del prodotto.

 

CZ La qualità dell’architettura che si sta facendo a Bologna ritieni si possa paragonare con quella che si fa nel resto d’Italia o esiste una differenza, qualitativa e/o quantitativa e come la motivi?

LC Purtroppo la crisi che attanaglia l’architettura a Bologna è un male comune a tutto il paese Italia. Se sfogliamo una qualsiasi rivista di Architettura, possiamo constatare che l’architettura italiana è la grande assente. Paesi come Portogallo, Spagna, Giappone, Cile, Olanda, Cina e pochi altri, stanno vivendo un periodo florido di produzione Architettonica. L’Architettura è sempre stata un manifesto della salute politica e culturale del Paese.  In molte Nazioni, industrializzate e non, l’Architettura è utilizzata come simbolo del potere politico. Mi viene da pensare alla Francia, dove ogni presidente, al termine del proprio mandato, lascia al Paese un’opera pubblica. Probabilmente la crisi dell’architettura in Italia e anche legata alla perenne crisi politica che colpisce il nostro paese, non dimenticando che, paradossalmente, l’Architettura italiana è stata grande nel suo periodo più buio, ovvero il periodo fascista. Resto ottimista per il futuro dell’Architettura italiana. Penso che dopo la discesa c’è sempre la salita e il fatto che si inizi a parlare di architettura/cultura mi fa sperare che la ripresa sia vicina.

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© Leonardo Celestra I Progetto in corso di realizzazione di demolizione e ricostruzione di un villino in via dell’Osservanza a Bologna.

 

Leonardo Celestra (Bologna, 1974) si forma presso l’Università degli Studi di Firenze, laureandosi in Architettura nel 1999. Fin da 1997 collabora nell’impresa edile di famiglia, acquisendo esperienze nel settore del restauro e manutenzione straordinaria. Partecipa a diversi concorsi nazionali e internazionali di Architettura. Nel 2005 vince la progettazione di un edificio direzionale di 55000 mq a Sofia (Bulgaria) e apre lo studio Celestra De Architectura Opere. Nei primi anni segue la progettazione di una torre alta 100 m a Sofia (Bulgaria), la pianificazione urbanistica di un insediamento residenziale in Guinea Equatoriale, la progettazione di diversi edifici residenziali a Bologna. Il profilo dei progetti che lo studio ha sviluppato in questi anni, comprende progetti e costruzioni nel campo dell’edilizia residenziale, ricettiva, industriale, ristrutturazioni, edilizia di culto.


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