Lo spazio pubblico di Hong Kong e’ costruito dalla mobilita’ delle persone

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© arcomai l Ecologia rurale-urbana. Composizione esposta nel cortile del Padiglione di Hong Kong al Campo della Tana a Castello.

I centri commerciali sono i veri spazi pubblici ad Hong Kong. Le stazioni della MTR (la metropolitana della città) cosi’ come tutti gli interscambi dei trasporti, le piazze e i percorsi pedonali sono modelli spaziali di una città che noi occidentali crediamo di conoscere bene attraverso le immagini d’effetto veicolate dai media ma che in realtà non traducono la vera entità’ urbana e sociale di questa città unica al mondo. La concezione che noi Europei abbiamo dei luoghi pubblici e’ solitamente associata ai significati che noi diamo a piazze, strade ed edifici secondo parametri normalizzati che spesso negano questa natura nobile – classificando questi come “non luoghi” o “superluoghi” – solo perché non li capiamo, non ci piacciono. Ciò e’ spiegabile non solo da fattori prettamente culturali ma anche da attitudini pratiche volte a dare a noi senso di sicurezza, orientamento e controllo. Ad Hong Kong non funziona cosi’, i parametri sono altri e lo spazio pubblico e’ un network da intendersi come un sistema complesso di relazioni tra frammenti, ambiti o meglio usi (più che luoghi, spazi, edifici) pubblici o privati di cui l’ambiente urbano e’ composto; il tutto tenuto insieme dai movimenti pedonali di chi lo abita, lo attraversa, vi sosta. La mobilita’ delle persone e’, più che altrove, la componente che rende pubblico un luogo o un edificio.

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© biennale di venezia l Elastic Streetscape e Thermallmeter.

L’Ordine degli Architetti di Hong Kong e il Consiglio per lo Sviluppo delle Arti di Hong Kong hanno portato a Venezia, nell’ambito di questa 12a Mostra Internazionale di Architettura intitolata Peole meet Architecture, l’esposizione Architetture Quotidiane: Hong Kong a Venezia, tema piuttosto pertinente a quello proposto dal direttore di quest’anno’ l’architetto giapponese Kazuyo Sejima. La mostra, allestita presso il Campo della Tana a Castello, e’ stata curata dall’architetto Juan Du, fondatrice dello studio IDU Architecture nonché docente presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Hong Kong, con il supporto scientifico di Mary Chan delle edizioni MCCM Creations; della fotografa. scrittrice e producer Margherita Errante, degli architetti Giulia Foscari e Chad McKee. La mostra – che dopo Venezia sarà trasferita a Hong Kong e poi in sei città cinesi con l’intento di attivare una piattaforma di dialogo e confronto, sulle problematiche sollevate dai progetti – e’ finalizzata, attraverso l’esposizione di progetti collaborativi e interdisciplinari, ad affrontare sei aspetti delle necessità individuali quotidiane – abbigliamento, cibo, abitazione, trasporto, educazione e tempo libero (in cinese:Yi-Shi-Zhu-Xing) – che oltre a dimostrare – dice Juan Du – “come il design possa creare architetture responsabili sia sul piano sociale che su quello ambientale”, portano le persone ad incontrasi e relazionarsi con i luoghi prima ancora che con l’architettura.

Dei diversi appuntamenti, organizzati nella due-giorni dedicati alla stampa, abbiamo assistito al forum sui trasporti del 28 agosto che ha visto come moderatore la curatrice del padiglione e come relatori Mary Chan e gli architetti William Lim, che ha presentato il documentario Elastic Streetscape, e Adam Frampton che insieme a Clara Wong ha illustrato il  progetto Thermallmeter.

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© biennale di venezia l Elastic Streetscape: progetto dell’allestimento

William Lim ci ha parlato della Chun Yeung Street, una strada piuttosto particolare perché, oltre ad ospitare il mercato all’aperto più tipico di Hong Kong con le sue bancarelle di pescivendoli, macellai e fruttivendoli, e’ attraversata da un tram (su due livelli) che al suo passare la folla gli fa largo per consentirgli di continuare il proprio percorso. Per raccontare questa esperienza e’ avvalso di un’istallazione piuttosto semplice fatta un carrello, un proiettore e di un telone su cui viene impresso un video che riprende la strada dal livello superiore del tram mentre questo la attraversa. E’ una via-elastica, un ambiente vario e spontaneo in cui i commercianti hanno sviluppato un sistema per esporre le merci fatto di componenti che vengono da loro assemblati all’inizio della giornata lavorativa per poi essere smontarli alla sera. Questo brano di Hong Kong ci mostra una città-corpo che come un polmone si espande e si restringe, una città che respira e fa respirare.

Anche nel progetto Thermallmeter si esplora l’aria come elemento materico matrice di spazialità. Si tratta della mappatura degli spazi pedonali del network commerciale fatto di corridoi, passerelle, gallerie, corti e ponti che, anche se spesso di proprietà e a conduzione privata, fungono da vero e proprio spazio pubblico. Thermallmeter – come la parola fa pensare – codifica la gradazione di indicatori ambientali su un volume che rappresenta idealmente gli spazi vuoti e percorribili di tale network. Il progetto mira ad aumentare la consapevolezza della qualità dell’aria e del comfort termico dei centri commerciali e delle infrastrutture della città, ed esplora l’impatto che l’ambiente climatizzato ha sull’utilizzo degli spazi pubblici a Hong Kong.

Al centro di questo network infinito c’è lo shopping mall. che come dice la sua traduzione in italiano e’ un’isola pedonale con negozi. Mentre il grattacielo e’ la più visibile – e quindi facile da riconoscere – tipologia architettura a Hong Kong, il centro commerciale e’ una presenza complessa, a volte con confini non definibili; e’ un’eccezionale macchina sociale più che commerciale, e per certi versi molto evoluta, la cui ragione d’essere e’ relazionata al movimento e interazione delle persone. E’ un’infrastruttura orizzontale spontanea – se non fosse cosi’ non ci sarebbe bisogno di mapparla – che tiene uniti tutti i punti vitali dell’organismo urbano con le altre infrastrutture che ruotano attorno ai trasporti. Le relazione tra spazio commerciale e la temperatura dell’aria suggerisce implicazioni architettoniche nella circolazione e condiziona comportamenti di coloro i quali si muovono al loro interno. Fuori l’aria e’ più inquinata, li’ dentro la popolazione alimenta, consuma, muovono nell’aria. Noi crediamo che l’aria sia un’entità immateriale solo perché e’ invisibile. Ci accorgiamo di essa solo quando ne avvertiamo gli sbalzi di temperatura. Eppure l’aria ha un suo corpo che vive con noi.

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© biennale di venezia l Thermallmeter: plastico che riproduce il volume del network spaziale del progetto.

 

 


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