AKT @ Work: Reverse engineering architecture & vice versa

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© arcomai l L’allestimento della mostra AKT @ Work.

Adams Kara Taylor sono uno uno degli studi di ingegneria più’ all’avanguardia al momento. Il suo nome e’ solitamente legato ad architetture coraggiose, spesso caratterizzate da una geometria particolarmente complessa, elaborate insieme ad alcuni degli studi di progettazione più’ noti al mondo. Il lavoro di AKT e’ in mostra dal 19 gennaio al 14 febbraio, presso lo spazio espositivo della Architectural Association di Londra, con una piccola installazione dal titolo AKT @ Work, a celebrare la loro prima decade di vita durante la quale lo studio ha saputo reinventare l’ingegneria tradizionale attraverso un pionieristico “new thinking” finalizzato a sviluppare un nuovo approccio al design che nel catalogo della mostra viene codificato come reverse enginnering, termine originariamente adottato nell’analisi di hardware per scopi militari e commerciali, ed ora di uso comune tra le giovani generazioni di “pensatori” impegnati nei diversi settori dell’innovazione.

Reverse enginnering ossia “ingegneria inversa” sta a significare quel processo di “reingegnerizzazione” di un “qualcosa” (un software, un dispositivo, un componente elettrico, ecc.) che – attraverso l’analisi dettagliata del suo funzionamento – arriva a realizzare un secondo “oggetto” in grado di interfacciarsi con il primo senza sostituirsi ad esso. Per questo processo di reversing sono essenziali conoscenze di “assemblaggio”,  programmazione e logica/logistica, tutti knowhows di cui AKT e’ in possesso e che fa dello studio un punto di riferimento internazionale per il suo “sguardo visionario” – e perché’ no anche critico – verso un futuro nuovo dell’ingegneria e al tempo stesso di una architettura che, anche se oggi onnipresente in tutti i media , solo pochi architetti sembrano capaci di mostrare innovazione e ricerca.

L’esperienza di AKT ci fa capire che ciò’ che l’ingegneria può’ dare al mondo della architettura e’ quel suo essere libero da stili e manierismi, perché’ la prassi e’ più’ importante della forma, perché’ grazie ad essa chi progetta e’ in grado di muoversi liberamente – interpretando ruoli non convenzionali e adottando modalità’ diverse all’interno del complesso processo del costruire – a secondo dell’opera da realizzare. Per Adams Kara Taylor il loro lavoro può’ essere sintetizzato con “design engineering”, termine questo che contiene in se’ un doppio intento: progettare nuovi modelli di ingegneria e fare dello stesso studio un progetto senza modelli, un’entità’ sempre in progress. Per chi comprende il pensiero anticonformista dello studio, e’ facile leggerne il monito di non cadere nell’errore di eguagliare l’ingegnere al rango di architetto, ignorando la reale differenza che esiste tra loro o, ancora peggio, di ridurre la figura dell’ingegnere a colui che rende edificabile una architettura. Tale messaggio e’ riassumibile nelle parole di Hanif Kara che invita a vedere il progetto “on the architect’s term – while thinking with the knowledge of the enginner”; approccio questo che non solo contribuisce ad emancipare le relazioni tra architetti e ingegneri, ma instaura collaborazioni interessanti anche con costruttori e investitori che comprendono le potenzialità’ di questa collaborazione tra le due discipline.

Ruolo chiave nell’impianto logistico dello studio e’ ricoperto dal p.art (Parametric Applied Research Team) che e’ finalizzato a sviluppare strumenti come software, tecniche di modellazione ed analisi che possono permettere nuove piattaforme grazie alle quali ingegneria e architettura si possono interfacciare. Esempio tra tutti e’ il Phaeno Science Centre della Hadid (Wolfburg, Germania) in cui, per la complessità’ spaziale dell’opera, e’ stato elaborato un programma ad hoc per analizzare le prestazioni strutturali dell’edificio nella sua totalità’. Tale sistema piuttosto che funzionare sul confine a volte ambiguo tra i linguaggi della architettura e ingegneria, si pone come inedito strumento di traduzione delle diverse esigenze all’interno di un progetto, come “linguaggio altro” comprensibile dalle due discipline.

Questo modo di pensare e’ facilmente riconoscibile in edifici come il Peckham Library di Alsop (Londra), il Pune International Cricket Centre per la Coppa del Mondo di Cricket del 2011 di Hopkins Architects (Pune, India),il Carpenters Lock Footbridge di Heneghan Peng Architects per il Parco Olimpico 2012 di Stratford (Londra), il Padiglione Inglese per l’Expo di Shangai 2010 disegnato da Thomas Heatherwick, o opere minori come il Lond Securities Bridge di Future System (Londra), nonche’ il Drl.Ten Pavillion allestito la scorsa estate proprio di fronte alla AA e dalla Scuola di Architettura stessa commissionato a AKT per celebrare i dieci anni del suo Design Research Laboratory.

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© arcomai l Alcuni dei progetti esposti in mostra: Jubilee Campus (Nottingham); Adelaide Warft (Londra); Showcase Cinema (Leicester); Heelis, il quartier generale della National Trust (Swindon, UK).


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