”Public space prevents depression”: Il sindaco e’ diventato primario

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© arcomai l Il manifesto invita la cittadinanza all’inaugurazione della Gillet Square di Dalston. Alcune viste della piazza ancora in fase di completamento.

“Public open space can stop depression, according to forth-coming resarch based on the experience of people in Newham, east London”, così inizia il breve articolo di Ellen Bennett pubblicat nell’ultimo numero (17 novembre) del settimanale inglese BD/Bulding Design col titolo Public space prevents depression. La ricerca – Public Spaces and Social Relationship in East London di cui si riportano alcuni passi – è stata redatta dalla Queen Mary University per conto della Fondazione Joseph Rowntree allo scopo di dimostrare come gli spazi pubblici abbiamo riflessi positivi sui comportamenti sociali: “For most people, everyday public spaces provied opportunities for engagment or retreat […] Places of retreat such as park, a cemetary or footpath close to water provided opportunities for reflection. Places bringing people together, such as shopping areas and markets and where friendships and support networks were made and maintained, were key everyday therapeutic spaces”. A dimostrazione di queste considerazioni nel breve articolo l’autrice fa riferimento all’inaugurazione (lo scorso 10 novembre) della prima delle 100 piazze che il sindaco Ken Livingstone si è impegnato a realizzare nei prossimi anni. La Gillet Square di Dalston – rimodellata dallo studio Hawkins Brown “to act as a new venue, festivals and other outdoor events” – “It shows – dice il primo cittadino della città – that with good planning, design and attention to careful landscaping we can improbe many of London’s run down but precisious spaces and turn them into places we want to go and pass time in rather than avoid”.

Parte da Dalston nell’East London la rivoluzione urbana di Londra? Allora il sindaco è un duro? Fa sul serio? Quest’area fino a qualche anno fa era una delle più malfamate di Londra. Anche adesso non si può certo dire che sia un quartiere raccomandabile: nella stessa piazza fino a poco prima che iniziassero i lavori si vendeva il crack che ora si spaccia nelle strade limitrofe. L’elaborazione di un programma a scala metropolitana finalizzato alla riorganizzazione dei vuoti urbani è senza alcun dubbio un impegno ambizioso soprattutto se l’operazione punta ad un’architettura a “cubatura zero” in una città in cui si costruisce molto e dove il volume costruito produce un enorme volume di danaro. È una strategia che fa pensare ad una sorta di sperimentazione urbana con finalità terapeutiche, come il re-styling della Gillet Square sembra far intendere.

Originariamente era un parcheggio di quartiere a pochi metri dalla Kingsland Road, uno degli assi viari più importanti della metropoli che in passato gli eredi della Casa Reale percorrevano per visitare le proprie proprietà a nord dell’isola. Ora è diventata l’unica piazza di Dalston (uno dei distretti del London Borough of Hackney) al servizio di  una popolazione che (ad occhio) è per almeno il 70% di pelle nera. Camminando per il vicino mercato di Ridley Road sembra di passeggiare per una qualsiasi strada affollata di Lagos. La sistemazione adottata non solo non tiene in considerazione questa comunità, ma si impone con i suoi elementi di arredo convenzionali con un disegno generalista che si sarebbe potuto proporre a Den Hag, così come a Graz o Misano Adriatico. È proprio la vicinanza dalla Kingland che fa di questo intervento un fattore anomalo rispetto alla morfologia del paesaggio urbano londinese. Ciò che lo contraddistingue è la fila di lampioni che, illuminando la piazza, si estende per tutta la lunghezza della Gillet Street fino ad arrivare al marciapiede del trafficato asse viario e fungere così da invito ad entrare, da ingresso alla piazza. La pavimentazione, ancora in fase di completamento, sembra fa intendere che questo accesso sarà prevalentemente a servizio dei pedoni.

Prima che piazza questo luogo era un parcheggio e prima ancora un cortile e il cortile è organizzato secondo una sistema di sguardi che sono diversi da quelli della piazza. In Rear Window / Finestra sul cortile (1954) Alfred Hitchcock ricostruisce in modo magistrale questa dimensione spaziale (comune a tutta la tradizione urbanistica anglosassone) attraverso lo sguardo di un solo individuo Jeff Jeffries / James Stewart (tutta la vicenda è nota: un fotografo, immobilizzato da una gamba ingessata presso una finestra, assiste alla vita del cortile e scopre un delitto). In questa neonata piazza i punti di osservazione sono stati contaminati, lo sguardo forzato fino ad arrivare alla strada che è entrata dentro.  Il crimine qui non ci sarà più perché si è già spostato in altri yards, anfratti, angoli bui dove il gioco vojeuristico è custodito all’interno di un ambito ancora chiuso. A Dalston il cortile è diventato piazza, il semi-privato si è trasformato in pubblico e il parcheggio in una sorta di clinica urbana dove curarsi dalla depressione collettiva con fiere, festivals, spettacoli ed intrattenimenti vari, un luogo pulito sterilizzato dal controllato dalle telecamere che non sono più quelle di un set in cui ambientare un giallo magistrale.

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© arcomai l Alcune viste della Gillet Square di Dalston ancora in fase di completamento.


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