Lo ”spazio” secondo lo studio 3DELUXE

Abbiamo incontrato qualche mese fa in Germania lo studio tedesco di progettazione 3DELUXE (https://www.3deluxe.de/) di Wiesbaden. Incuriositi da alcuni loro progetti, abbiamo chiesto alla designer Mareike Reusch, di illustraci la metodologia/filosofia con la quale vengono sviluppati i loro lavori. [traduzione, Nicola Desiderio

Nicola Desiderio. Una breve presentazione dello studio 3DELUXE.

Mareike Reusch. Lo studio 3DELUXE si è costituito a Wiesbaden (Germania) nel 1992 come gruppo interdisciplinare di tre creativi: Andreas e Stephan Lauhoff (entrambi laureati in design della comunicazione) e  Nikolaus Schweiger (interior designer). Durante il loro periodo di studi, avendo riscontrato l’aumento della diversità e complessità del design moderno, hanno orientato la sintesi dei loro interessi verso una linea “ispirata e progressiva”. I primi progetti nell’ambito della cultura-pop (moda, musica e sport) gli hanno permesso di sperimentare lavori a confine tra il “piano e lo spazio”. A metà degli anni ’90, il designer Dieter Brell (precedentemente membro del gruppo di artisti “Adieu New York”) è diventato il quarto socio dello 3DELUXE e, oggi, è il responsabile del settore-interni insieme a Nikolaus Schweiger. Il settore della grafica è, invece, seguito dai fratelli Lauhoff. Entrambi i team cooperano in un costatante scambio creativo, condizione fondamentale per lo sviluppo dei lavori dello studio. Questo caratteristico stile è particolarmente evidente in progetti non commerciali che si distinguono per essere portatori di un approccio progettuale scientifico/concettuale e che trovano nell’ispirazione e nella percezione umana i loro principali fattori creativi. Attualmente, 3DELUXE si presenta come un’unità creativa di 19 designer in cui ognuno contribuisce con le proprie specifiche capacità.

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© photo 3deluxe l Viste esterne del Football Globe a Berlino e interno del glogo con lo scermo a 360°.

N. D. Tra poche settimane avrà inizio in Germania la 18° edizione della ‘FIFA World Cup’. Dal settembre 2003 il padiglione itinerante Football Globe, da voi progettato e realizzato, gira per il paese toccando le 12 città che ospiteranno i Giuochi. Ci potete illustrare le peculiarità funzionali e costruttive di questo progetto e dirci come si è inserito nei diversi contesti urbani nei quali è stato allestito?

M.R. Il Football Globe è un’istallazione mobile per eventi e funziona come ambasciatore sia per l’evento speciale – la  FIFA World Cup 2006 – che per quel fenomeno sociale e culturale che è il gioco del calcio. L’esterno del padiglione può essere illuminato con la “mappa del mondo” così da associare l’immagine del globo alla forma del pallone da calcio. All’interno, una proiezione interattiva a 360° cattura in tempo reale l’entusiasmo sia degli visitatori del padiglione e degli spettatori di tutto il mondo. L’istallazione (nel suo complesso) cattura da un determinato stadio “impressioni” e le monta con modalità non convenzionale che il calcio è vissuto come un’esperienza completamente inedita. La variazione di colori dell’accattivante collage multimediale modifica costantemente l’atmosfera della stanza. La continua trasformazione dell’ambiente è supportato dalla natura interattiva della mostra in corso. Al suo interno i visitatori possono divertirsi con uno dei tanti giochi messi a disposizione e al tempo stesso ascoltare gli annunci e vedere i resoconti sulle partite, il tutto dentro una un’atmosfera animata. Il Football Globe è in aggiornamento diretto con il sito ufficiale della FIFA World CUP (www.fifaworldcup.com). Ogni sera l’interno è trasformato in un palcoscenico internazionale in cui persone note, artisti e gente dello spettacolo di tutte le discipline mostrano al pubblico i nuovi aspetti del “matrimonio” tra il calcio e la cultura. La sfera geoedica del padiglione è contenuta all’interno di 5 container da spedizione, con i quali l’intero oggetto è trasportato da un luogo all’altro. La costruzione in acciaio galvanizzato pesa quasi 60 tonnellate e si compone di un pentagono e un esagono connessi tra loro da 55 giunti. La struttura in acciaio è ricoperta da imbottiture in doppio strato di lamina pneumatica. Il Football Globe è una installazione cosiddetta “self-contained” che non cerca il dialogo con i diversi contesti urbani in cui viene allestita, tantè che il posizionamento nelle città ospitanti la Coppa del Mondo è stato scelto esclusivamente in base alla centralità e alla frequentazione delle persone.

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© photo 3deluxe l Viste interne del CocoonClub di Francoforte.

N. D. Il Cocoon è un club di Francoforte molto noto e frequentato. Al suo interno si possono vivere diverse esperienze (Dancing Area, Micro ClubRestaurant, Silk BedRestaurant) come in altri locali simili in tutta Europa. Sul piano progettuale in che cosa si distingue rispetto a quelli della sua generazione, e come secondo voi luoghi come questi influenzano la socialità all’interno della cultura giovanile contemporanea?

M.R. Le caratteristiche principali che caratterizzano il Cocoon sono:

La familiarità. Abbiamo cercato di progettare un ambiente unico dove le persone possono esplorare cose che non solo non hanno mai visto prima, ma anche rilassarsi e sentirsi a casa. Il club (2662 mq. totali) offre un grande numero di sedute, perfino vicino alla pista da ballo (‘VipLounge’, ‘Cocoons’), che contribuiscono a creare un’atmosfera molto familiare.

Il Collage di atmosfere. L’idea iniziale – o se volgiamo la metafora del progetto – prende spunto dal metabolismo di un cellula. Infatti, con la creazioni di ambienti mediante una diversificazione di atmosfere, si è cercato di offrire ad un pubblico eterogeneo la possibilità di provare diverse attività simultaneamente (mangiare, bere, parlare, riposarsi e ballare). Grazie a questa multifunzionalità c’è un flusso continuo di persone tra le diverse zone. Parlando dell’architettura del club, il piano principale con la console del DJ si manifesta come nucleo/cellula del locale. Il “muro-membrana”, come dice il nome, funziona come un involucro permeabile attraversabile dalle persone in entrambe le direzioni. Così il centro del club è più attivo e “concentrato”, mentre le aree dietro al “muro-membrana” sono molto più tranquille.

Le installazioni multi-mediali fuori dal comune. Non volevamo un effetto classico di illuminazione come in ogni altro locale. La proiezione a 360° è lo strumento principale di illuminazione del piano principale, mentre tutte le altre luci (come quelle stroposcopiche o mobili) sono state pensate per creare effetti aggiuntivi. Le possibilità di combinazione di colori e movimenti sono quasi illimitate e dipendono dalla creatività del VJ e non da un software che programma automaticamente le luci. La percezione può essere controllata in tempo reale, una novità assoluta in un contesto come quello di un club di questo tipo.

La diversità funzionale. La fusione di alta qualità della cucina con un club techno-club di questa dimensione non ha precedenti. La gente viene al Club molto presto alla sera (a partire dalle 18.00) per cenare e rilassarsi. Più tardi si unisce agli altri clienti del locale. Abbiamo collegato il ristorante con la più piccola delle piste da ballo per avere un luogo flessibile. Poiché il CocoonClub provvede ai bisogni di un’ampia varietà di visitatori, è accessibile a chiunque senza escludere alcun gruppo di persone.

Gli effetti positivi. La scena techno è sempre stata associata all’abuso di droga. La gestione del CocoonClub vuole  sfatare questa immagine e il locale stesso è l’espressione di questa volontà. Con il suo lussureggiante ed eccitante design è in grado di offrire un’esperienza così stimolante che rende le droghe obsolete. I visitatori del CocoonClub dovrebbero essere in grado di evadere da ciò che essi percepiscono come realtà per la tutta la durata di una notte senza l’uso di alcuna sostanza stupefacente. Noi vogliamo suscitare una stimolazione simultanea dei diversi sensi, un aumento di sensibilità per la sinestesia del istallazione multimediale, una totale immersione degli ospiti dentro un ambiente in costantemente in trasformazione.

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© photo 3deluxe l Le “strutture tessili” degli stand Autostadt e Scape.

N. D. Sia per lo Autostadt atmosphere (stand assemblabile presentato nel 2001 per la prima volta alla Fiera Internazionale dell’auto di Wolfsburg) che per lo scape/youth media worlds (stand realizzato per l’EXPO di Hannover 2000 per invogliare i giovani all’uso creativo nei confronti dei  nuovi media) è stata adottata una stessa struttura spaziale che in entrambi gli spazi li cateterizza significativamente. Quale è stato il concetto originale di questa struttura e come è stata realizzata?

M.R. Noi siamo affascinarti dai principi della natura specialmente dall’idea che oggetti creati dall’uomo possano adottare le stesse capacità di un organismo vivente. Naturalmente abbiamo ancora una lunga strada per poter arrivare all’esperienza della natura animata, ma alcuni elementi dei nostri progetti simbolizzano il processo di evoluzione, come per esempio le strutture tessili di ‘scape’. Noi chiamiamo questo approccio concettuale “architettura genetica” poiché il progetto – ispirato dalla natura –  dovrebbe evocare l’illusione della vita e della crescita naturale. Altri aspetti che potrebbero influenzare la modellazione di forme sono le forze simulate o le sequenze di movimenti. La forma scultorea, caratterizzante lo stand di Autostadt, rappresenta una sorta di foto istantanea, l’immagine di un movimento registrato.

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© photo 3deluxe l Il pubblico gioca con le strumentazioni digitali degli stand Cyberhelvethia e Scape.

N. D. I vostri progetti hanno una forte connotazione tecnologica e anticonvenzionale che sembrano influenzati da discipline più legate al campo delle arti e della comunicazione che a quelle meramente accademiche. In particolare la vostra esperienza progettuale elaborata nell’ambito di eventi legati a fenomeni di massa (fiere ed esposizioni) vi ha portato a lavorare/interpretare ambienti destinati ad un gran numero di visitatori. Credete che le tecnologie applicate ai grandi spazi pubblici in cui si commemorano eventi del mondo della globalizzazione possano essere dei mezzi attraverso cui creare condizioni di aggregamento in cui le persone possano ritrovare anche un probabile senso comunitario/identitario?

M.R. Gli spazi che creiamo sono caratterizzati dall’essere il risultato di effetti sovrapposti. I collages di diversi stili e modi sono basati parzialmente su tecnologia multi-mediale ma anche su impulsi fisici. La materialità gioca un ruolo importante. Installazioni interattive incoraggiano in modo divertente i visitatori ad esplorare individualmente i loro ambienti. Questi elementi stilistici causano una positiva sovra-stimolazione di sensi che è volta ad una percezione nuova e olistica dell’ambiente. Noi non vogliamo progettare lo spazio fine a se stesso, ma l’esperienza delle persone che trascorrono il loro tempo all’interno di quel determinato spazio, al punto che sia le variazioni della percezione spaziale che il passaggio dalla passività all’interazione possono generale nei visitatore/fruitore dei nostri ambienti anche un senso di identità. Ci auguriamo che la loro attenzione vale a dire il modo che essi hanno di guardare il mondo e la loro immaginazione aumentino dopo aver sperimentato uno dei nostri allestimenti di “mixed-reality”.

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© photo 3deluxe l Studi di architettura genetica.

N. D. Con il Padiglione Botanico 1 e 2 la vostra ricerca si è spinta verso l’elaborazione di una “architettura genetica” che, elogio alle nuove frontiere della tecnologia, sembra finalizzata a creare inediti spazi di vita per un mondo virtuale destinato a superare i limiti del presente. Ci puoi dire di più al riguardo specificando le funzioni di questa architettura e gli effetti che questi prototipi potrebbero avere sulla struttura della società contemporanea?

M.R. Con il passaggio a questo secolo il dibattito architettonico ha volto la sua attenzione alle euforiche teorie sul “computer-generated” e sugli spazi immateriali. Il nostro studio di “architettura genetica”, sebbene originato anche dai campi di ricerca sulla simulazione al computer, nasce dall’idea principale della fusione tra tecnologia e biologia. Caratteristiche come auto-gestione,  scorta energetica, metabolismo, adattamento alle condizioni ambientali, diffusione con altri sistemi cosiddetti “neural-like” e l’abilità di imparare e comunicare significano che la “architettura genetica” assomiglia a un organismo vivente che, a sua volta, è metafora architettonica della vita. Il Padiglione Botanico  dovrebbe essere in grado di interagire con i visitatori che, in ogni momento, possono venire in contatto con l’edificio. L’architettura reagisce alle condizioni esterne come la luce del giorno e il tempo. Di notte l’intero edificio cambia il suo aspetto così come i suoi mezzi di comunicazione: la proiezione filmica e l’installazione sonore. Le caratteristiche e il “comportamento” dell’architettura sono concepite per un approccio il più vicino possibile ad un organismo vivente. Molte delle idee visionarie di questi padiglioni trovano la loro spiegazione nella pratica architettonica contemporanea, anche se le modalità di realizzazione sono concepite più frammentarie che olistiche e sono più orientate sul piano funzionale che su quello del divertimento e della comunicazione: come i sistemi di facciate intelligenti ecc. Il concetto di interazione e comunicazione tra l’uomo e i suoi ambienti è stato realizzato in molti dei nostri successivi progetti.

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© photo 3deluxe l Il Padiglione Botanico.

 


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