Dalla città delle periferia a quella delle cittadelle

Siamo sicuri che oggi le periferie sono solo le grandi aree di edilizia economica–popolare? Certo la storia delle periferie è iniziata con un processo di allontanamento dal “cuore” delle città di classi sociali economicamente svantaggiate. Le leggi sulle case popolari del 1903 e 1908, ed ancora prima la legge sanitaria del 1901, e poi la legge Urbanistica del 1942 decretano in Italia la nascita delle periferie. Le case a basso costo richiedevano aree edificabili a basso costo ed occorreva spostarsi lontano dal Cuore delle Città e dall’effetto “Città” che costava troppo. Sembrava una grande conquista, igienica-democratica, ma ben presto gli abitanti delle periferie si accorsero che erano stati sbattuti fuori della città e che iniziavano ad essere invisibili: lontano dagli occhi e lontano dal cuore della città. Gli abitanti delle Periferie non avevano più la città, avevano solo case ed “andare in centro” non poteva che significare andare in città. Andare in centro era una festa perché c’era tutto quello che non c’era in periferia: negozi di tutti i tipi, mercati, cinema, teatri…

Le Periferie, come concentrazione di classi sociali disagiate ha dato l’opportunità a politici e urbanisti di pensare che la città potesse essere riorganizzata e pianificata attraverso la concentrazione di grandi aree monofunzionali. Maledetti urbanisti e maledetta zonizzazione! Una volta “zonizzati” gli abitanti dell’edilizia economica-popolare e le fabbriche diventava più facile disegnare l’espansione della città e mettere ordine alla complessità dei fenomeni urbani. Anche il cuore della città nel frattempo si zonizzava e iniziava a trasformarsi: meno case da abitare e più uffici. Il cuore della città si affaticava perché anche i processi di terziarizzazione potevano avere delle controindicazioni: troppi uffici, troppe macchine, troppi city users, troppa congestione, troppo inquinamento e costi delle case sempre più alti…….. Quelli che erano rimasti nel cuore della città cominciarono a pensare di abbandonare quel cuore della città sempre più malandato, che aveva sempre meno cuore per la vita delle persone. I ricchi iniziarono ad utilizzare sempre più le loro antiche residenze estive fuori dalle porte della città, ed i nuovi ricchi iniziarono ad individuare aree prossime alla città in un contesto ambientale paesaggistico gradevole, possibilmente collinare dove costruire le proprie abitazioni, ed i meno ricchi si accontentavano dei costi e delle offerte di “villettopoli” dei centri abitati vicini alla città.

Cos’altro succedeva in città? Quelli che oggi sono chiamati i negozi di vicinato: le latterie, i panifici, le botteghe degli artigiani…….., spariscono per dare spazio alla nuova domanda di pasti confezionati-veloci–economici: fast-food, pizza al taglio e birrerie. Il commercio al dettaglio non regge al mercato all’offerta dei supermercati-ipermercati. Anche i mercati rionali settimanali spariscono. Impossibile resistere alla concentrazione, all’offerta ed alle lusinghe ed alle convenienze degli ipermercati. Ed eccoti espulsi dalla città anche i mercati. Ed i cinema? Anche per quelli il mercato ed il nuovo ordine offre una soluzione: le multisale. Dove? Sempre fuori, fuori dalla città. Ce l’abbiamo fatta a mandare fuori dalla città tutto ciò che la rendeva attraente. Il cuore della città è affranto, ma ci pensano gli esperti a trovare soluzioni: la città può diventare un museo ed uno spazio pubblicitario per grandi firme e grandi eventi. Se la città diventa un museo, tutto il resto dopo le periferie storiche e le aree industriali diventa cittadella: la cittadella universitaria, la cittadella dei palazzi di giustizia, la cittadella dello sport, la cittadella ospedaliera…

Tutto è cittadella, tutto diventa la parodia della città, così com’era stata conosciuta all’inizio del secolo scorso. Ma che fine fa lo spazio pubblico con tutte queste cittadelle monofunzionali? Come si comporta uno spazio pubblico di una cittadella specializzata? A chi interessa sostare di sera in una cittadella della giustizia? A chi interessa sostare di giorno in una cittadella ospedaliera? A chi interessa visitare un Centro di Permanenza Temporaneo?

Carmela Riccardi. Nata in Italia nel 1961, si è laureata presso la l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia nel 1987. Diventa titolare a Bari nel 1991 di una borsa di studio biennale del C.N.R da titolo: “Analisi degli scenari e sistemi di supporto alla decisione per una valutazione qualitativa degli strumenti di Pianificazione”. E’ cultore della materia presso la cattedra di Teoria della Urbanistica nell’Anno Accademico 1992/1994 presso Istituto Universitario di Architettura di Bari. Si trasferisce a Bologna nel 1995 e negli anni 1996 /1998 collabora con l’Amministrazione Provinciale di Bologna per la redazione del secondo rapporto dello Schema Direttore Territoriale Metropolitano e delle linee preliminari alla elaborazione del Piano Territoriale di Coordinamento. Il recente Progetto “Un Quartiere per amico” presso il Comune di Pianoro (BO) propone un modo nuovo di costruire dal “basso” progetti significativi per i territori e le popolazioni urbane, coinvolgendo gli attori della scena urbana a partire dalle prime fasi di costruzione degli stessi progetti.


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