Appunti per una visione instabile

Pubblichiamo in questa pagina “appunti” inediti scritti da Oscar Ferrari (19 dicembre del 2001) insieme ad alcune recenti fotografie che documentano una interessante ricerca che il fotografo bolognese porta avanti da qualche anno.

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© oscar ferrari-arcomai | Villa Savoye (Poissy, Francia).

L’instabilità è una qualità che accompagna il nostro vivere. Non trascorre un attimo della nostra esistenza in cui la certezza non si trasformi subito in dubbio. Pensieri, azioni, idee si susseguono, si alternano, prendono corpo e poi cadono. E le certezze dove sono? Siamo instabili e, a volte, diamo a questa qualità perfino un valore positivo: infatti, diciamo che solo gli stolti hanno certezze. Prendiamo, quindi, atto del nostro ondeggiare tra dubbio e sicurezza. Ma abbiamo mai pensato a come la nostra visione reagisce a tali variazioni di equilibrio? Se la vista è il senso dominante del nostro tempo è anche il meno sviluppato. Faccio alcuni esempi: noi vediamo quasi sempre gli stessi colori, le stesse forme, senza far caso al loro variare in rapporto alla luce, oppure al variare della prospettiva a seconda del punto di vista. Possiamo essere di umore allegro e vedere grigio, lo stesso grigio di quando siamo depressi. I nostri occhi non guardano, vedono ma non sanno quello che vedono.

L’instabilità della visione è stata sperimentata con grande chiarezza dai movimenti d’avanguardia del Novecento (futurismo e cubismo innanzitutto) in cui l’oggetto rappresentato era il risultato della sua percezione attraverso il movimento nello spazio o della percezione dell’occhio attorno all’oggetto. E la fotografia? Se si escludono alcuni esperimenti di Moholy Nagy (Vision in Motion) in cui vennero utilizzate sovrimpressioni  ed esposizioni multiple, la fotografia non si è mai posta il problema dello sguardo in movimento e tanto meno della percezione dello spazio attraverso il movimento. L’instabilità, quindi, come molteplicità dei punti di vista. Fotografando un edificio si cerca il punto, tra gli infiniti nello spazio, che possa meglio rappresentare l’edificio stesso (è il lavoro quotidiano di ogni onesto fotografo di architettura). Ma lo spazio è molteplicità di punti, è successione di sensazioni, è instabilità della visione. Nessuno si ferma in un angolo a contemplare un edificio ma lo percorre, ci gira attorno, ci entra dentro, vede gli effetti creati dalla luce in base all’ora in un’infinita e quanto mai instabile successione di immagini. Perché scegliere un unico punto per rappresentare un edificio? Che cosa ha questo in più degli infiniti altri punti che possiamo percorrere? Esso rappresenta soltanto uno dei punti migliori della visione convenzionale, cioè il modo in cui siamo stati abituati a guardare le cose dal Rinascimento in poi.

Da seicento anni viviamo una “paralisi della visione”. Nessuno ha mai distorto del tutto i punti di vista e se Brunelleschi avesse avuto a disposizione una macchina fotografica avrebbe scattato fotografie molto simili a quelle che fecero gli Alinari delle sue architetture oltre quattrocento anni dopo,  o come facciamo ancora oggi  quando fotografiamo imitando gli stessi . Il cono prospettico, che ha il suo vertice nell’occhio, e l’unicità del punto di vista costituiscono i cardini su cui gira, da secoli, tutta la rappresentazione dell’architettura attraverso la fotografia e il disegno (se si fa eccezione per Piranesi e il Cubismo sono davvero poche le deviazioni dalla regola). È la conferma che per lungo tempo il nostro senso migliore si è quasi addormentato e atrofizzato. Nel Cinquecento, in cui la tecnologia era lontana anni luce da quella attuale,  si disegnava già nello stesso modo in cui oggi si fanno fotografie, con una visione centrale e bloccata. È evidente che, fino a quando la macchina fotografica e l’occhio umano si assomiglieranno, la visione diretta e mediata non potrà avere molte differenze. È quindi necessario sbloccare la visione, cominciare a rappresentare l’instabilità cercando una molteplicità dei punti di vista.

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© oscar ferrari-arcomai | Villa Savoye (Poissy, Francia).


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